Sostieni il nostro blog

SOMMINISTRAZIONE DI SOSTANZE

S’intende l’introduzione diretta nel circolo venoso, mediante una puntura venosa, di una sostanza farmaceutica, mezzi di contrasto, emoderivati e sangue.

La somministrazione endovenosa consente di:
-Conoscere esattamente la quantità di farmaco presente nell’organismo, in altri termini con la via endovenosa è eliminata l’interferenza della fase di assorbimento.
-Raggiungere rapidamente le concentrazioni plasmatiche desiderate, necessarie all’azione farmacologica.

La somministrazione in vena può essere effettuata in:
-bolo: il farmaco viene iniettato direttamente in vena
-infusione: viene diluito in un volume maggiore di liquido e somministrato lentamente.

Indicazioni
-Mantenere o ricostruire il patrimonio dell’organismo in acqua, elettroliti, vitamine, proteine, glicidi, lipidi.
-Ripristinare l’equilibrio acido-base.
-Reintegrare il volume ematico in caso di emorragie gravi.
-Permettere la somministrazione sostitutiva di sostanze che l’organismo non è in grado di sintetizzare o sintetizza in dose non adeguata.

Mezzi infusionali
Una soluzione è formata da un liquido (il solvente ), all’interno del quale si trova un’altra sostanza ( il soluto ), che può essere solida, liquida o gassosa.
Le molecole del soluto si dissolvono in quelle del solvente, mescolandosi con esso.

Le soluzioni di interesse clinico sono due:
SOLUZIONI CRISTALLOIDI:
Presentano come solvente l’acqua, e come soluto sostanze diverse, di solito a basso peso molecolare, Si dividono in:

Liquidi isotonici: hanno osmolarità compresa fra 250 e 375 mOsm/L che corrisponde alla pressione osmotica che si trova all’interno delle cellule.
Vengono utilizzati per espandere la componente intravascolare e quindi aumentare il volume circolante, (casi ipotensivi causati da ipovolemia).
Esempi di soluzione isotonica sono la fisiologica (NaCl allo 0,9%) e il Ringer Lattato.

Liquidi ipotonici:
hanno un’osmolarità inferiore a 250 mOsm/L, inferiore a quelle delle cellule.
Quando viene infusa una soluzione di questo tipo, si abbassa l’osmolarità sierica, permettendo ai liquidi corporei di passare dai vasi sanguigni alle cellule e allo spazio interstiziale.
Una soluzione fisiologica allo 0,45% è un esempio di soluzione ipotonica.

Liquidi ipertonici: hanno un’osmolarità superiore a 375 mOsm/L e una pressione osmotica superiore a quella delle cellule.
Aumentano l’osmolarità sierica, portando i liquidi dalle cellule e dallo spazio interstiziale all’interno della spazio vascolare. Esempi di questo tipo di soluzione sono le saline a 3% e al 5% (NaCl).
Questo tipo di soluzione viene infuso molto lentamente per evitare un sovraccarico circolatorio e sono raramente utilizzate in clinica.

Tra i rischi, di un eccesso infusionale di cristalloidi si può avere:
-sovraccarico circolatorio con possibile insorgenza di edema polmonare acuto;
-riduzione della pressione colloido-osmotica.

SOLUZIONI COLLOIDALI
Si caratterizzano per la presenza di soluti a elevato peso molecolare, in grado di restare per un certo tempo all’interno del letto vascolare (poiché le macro molecole che li costituiscono passano con difficoltà la membrana capillare) e quindi richiamare, con un meccanismo osmotico, liquidi ed elettroliti all’interno dell’albero vascolare stesso.

Le soluzioni colloidali sono impiegate come espansori volemici in condizioni di emergenza (ad esempio in corso di gravi emorragie), in attesa di un approccio terapeutico eziologico.

Tra le soluzioni colloidali più usate, ricorderemo:

La gelatina modificata (
Emagel): che è un prodotto di origine animale, sottoposto a modificazione della molecola di base.

I
destrani: soluzioni di polisaccaridi ottenuti attraverso la polimeralizzazione batterica del glucosio.
Il suo impiego consente di mantenere una buona pressione colloido-plasmatica, evitando la formazione di edemi, ma è gravato dalla possibile comparsa di reazioni di tipo anafilattico.

Prodotti del sangue: il sangue intero o specifiche parti possono essere infusi direttamente nel sistema circolatorio di una persona.
Alcune componenti del sangue sono i globuli rossi, i globuli bianchi, le piastrine, il plasma, l’albumina (come espansore del volume) e i crioprecipitati (fattori della coagulazione).

Presidi utilizzati
Catetere venoso centrale: ne esistono di vari tipi è costituito da un tubicino semirigido molto sottile, che introdotto in una vena di calibro maggiore, può essere lasciato in sede per tempi prolungati.



Deflussore
Sono disponibili sul mercato due tipi di gocciolatore:



Il deflussore con macro-gocciolatore: consente la somministrazione di una quantità maggiore di soluzione e una velocità d’infusione superiore poiché la quantità di soluzione per ciascuna goccia è maggiore

Il deflussore con micro-gocciolatore: fornisce 10, 15, 20 gocce per ml. di soluzione, è usato per pazienti pedriatrici e per quei pazienti adulti, che richiedono l’infusione di piccole quantità di soluzione o infusione attentamente controllate, somministra una piccola quantità di soluzione per ciascuna goccia, fornisce 60 gocce di soluzione per ml.

Il deflussore per la trasfusione di sangue e plasma: è provvisto di un filtro posto al interno del gocciolatore.



Deflussori a volume controllato: consentono l’infusione di quantità precise di liquidi e si chiudono automaticamente quando l’infusione è terminata, prevenendo l’ingresso di aria nella linea endovenosa.

I sistemi d’infusione a due vie: consentono l’infusione separata o simultanea di due soluzioni diverse; il deflussore con un secondo ingresso per iniezione e una valvola di controllo consente l’infusione intermittente di una soluzione aggiuntiva e al termine di questa di questa al ritorno automatico all’infusione della soluzione primitiva.

Deflussori con presa d’aria: sono utilizzati per infondere una soluzione contenuta in un flacone senza presa d’aria; quelli privi della presa d’aria sono utilizzati per flaconi con presa d’aria.

Dial-a-flo: dispositivo cilindrico graduato, serve a regolare la velocità del flusso, è costituito da due cilindri concentrici che possono ruotare sul loro asse determinando una variazione di un canale in cui scorre il liquido da infondere, la scala graduata all’esterno, consente di regolare i millimetri/minuto di liquido da infondere



Elastomero
: dotati di un serbatoio di gomma elastica, collegato mediante un deflussore all’ago cannula, ha la capacità di somministrare una quantità di farmaco in 12-24 ore.



Pompa per infusione: Esistono numerosi tipi di pompe che regolano elettronicamente il flusso di soluzione o dei farmaci quando è richiesta un’estrema accuratezza di dosaggio, per esempio in caso alimentazione parenterale totale, o somministrazione di alcuni farmaci cardiovascolari (Venitrin).



Sono disponibili, nelle pompe a infusione, due sistemi di infusione:
-gocce per minuto: anche denominati strumenti a frequenza costante, sono utilizzati quando i liquidi devono essere infusi ad una velocità costante, e uniforme per mantenere un determinato livello ematico di un farmaco o per raggiungere una determinata risposta da parte del paziente.

-millilitro per ora: o sistema volumetrico è utilizzato quando un determinato volume di liquido deve essere infuso in un’unità di tempo, ad esempio 500 ml. in due ore.

Regolazione della velocità di flusso

È responsabilità dell’infermiere calcolare la corretta velocità di flusso e regolarne l’infusione in base alle prescrizioni mediche.
Tale velocità viene influenzata da diversi fattori:
- il gradiente pressorio fra i due sistemi liquidi ( soluzione e sangue );
- l’attrito, cioè l’integrazione fra le molecole del liquido e la superficie interna del tubo deflussore;
- il diametro e la lunghezza del tubo deflussore;
- la viscosità del liquido da infondere;
- il calibro dell’ago.

Esistono due metodi per calcolare la velocità di flusso:

Millilitri per ora: La velocità di infusione per ora può essere calcolata dividendo il volume totale da infondere per il tempo totale di infusione espresso in ora.
Ad esempio, se devono essere infusi 3000 ml in 24 ore, il numero di ml per ora è pari a:
3000 ml (volume totale da infondere) : 24 ore (tempo totale da infusione) = 125 ml/ora

Gocce per minuto: Le gocce per minuto sono calcolate mediante la seguente formula:
Vol. tot. da in infondere x gtt/ml (o fatt. di gocciolamento) : Tempo totale di infusione in minuti

Se le richieste sono di 1000 ml in 8 ore (480 minuti) ed il fattore di gocciolamento è 20 gocce/ml, le gocce per il minuto dovrebbe essere:
-1000 ml x 20 gtt/ml : 480 minuti = 41 gocce / minuto

Vie venose centrali

L’incannulazione venosa centrale è l’inserimento in modo sterile di un catetere in una vena di calibro maggiore posta in vicinanza al cuore.

Le vene più utilizzate sono; vena cava superiore attraverso la vena succlavia o meno comunemente attraverso la vene giugulare.

Una volta in sede, la linea venosa centrale consente:
-monitoraggio della pressione della vena cava
-l’infusione, quando la riduzione del circolo periferico causa un collasso venoso periferico, quando terapie endovenose prolungate riducono il numero delle vene periferiche utilizzabili, e quando è necessario un’immediata diluizione.

Le vene maggiormente utilizzate sono:

Vena succlavia:
esistono due tecniche d’incannulamento della succlavia, a seconda che l’ago sia inserito al di sopra (sovra clavicolare) o al di sotto della clavicola (sottoclavicolare).
Le due tecniche sono simili e si differenziano, oltre che per la sede d’iniezione anche per l’inclinazione dell’ago.

Vena giugulare interna: l’incannulamento della vena giugulare interna è preferibile negli anziani e nei pazienti obesi e presenta in assoluto il minor rischio di perforazione della pleura.

Tuttavia la vena è di difficile reperimento nei pazienti in stato di shock perché tende a collassare. Il catetere inoltre è meno tollerato dal paziente perché limita i movimenti del collo.

Anche in questo caso è possibile seguire due vie d’ingresso. Nell’approccio anteriore la sede di repere è localizzata nel triangolo formato dai due capi del muscolo sternocleidomastoideo con la clavicola.
Nella via posteriore l’ago viene introdotto lungo il capo dello sternocleidomastoideo, poco sotto l’incrocio con la vena giugulare esterna.

Infezioni nella terapia endovenosa

Il rischio di batteriemia aumenta nel caso di:
-età maggiore di 65 anni
-ricovero in ospedale nei precedenti 6 mesi
-pregresso intervento addominale, cardiaco o toracico,
-ricovero in terapia intensiva
-esposizione a catetere urinario per più di tre giorni e a catetere intravascolare periferico o centrale per più di quattro giorni.

Meccanismi causali
Le batteriemie ospedaliere riconoscono tre principali meccanismi causali:

-Diffusione sistemica di un’infezione localizzata: ciò si verifica anche in pazienti immunocompetenti, quando, data la gravità dell'infezione locale, le difese dell'ospite non sono in grado di delimitare il processo infettivo.

-Batteriemia originata da un'infezione locale: di scarsa entità clinica o in assenza di qualsiasi fonte riconoscibile di infezione ("batteriemia criptogenetica"): ciò si verifica in pazienti immunocompromessi o nei neonati.

-Introduzione diretta di microrganismi nel circolo sanguigno: attraverso un catetere intravascolare che superano le difese vascolari dell'ospite.

Le batteriemie ospedaliere, si possono dividere in

-primitive: non è riconoscibile alcuna fonte d'infezione, sono dovute a infezioni consecutive da esposizione a strumentazioni intravascolari, tali infezioni insorgono prevalentemente in pazienti immunocompetenti.

-secondarie: l'infezione sistemica è il risultato dell'estensione di un processo infettivo localizzato.

Per prevenire le batteriemie ospedaliere endemiche è, quindi, necessario operare su due diversi livelli:

-batteriemie secondarie all'estensione di un'infezione localizzata (infezioni chirurgiche, urinarie, polmoniti, ecc.), gli interventi devono essere mirati alla prevenzione dell'infezione di base.

-batteriemie primitive, gli interventi di controllo devono porsi l'obiettivo di ridurre il rischio d'infezione associato all'uso di un catetere intravascolare.


Caratteristiche cliniche e criteri diagnostici
Le infezioni associate a catetere intravascolare possono manifestarsi sotto forma di infezioni locali (flebite) o di infezioni sistemiche (batteriemia, sepsi).

L’insorgenza di un’infiammazione locale del sito (dolore, eritema tensione, presenza di una vena palpabile o trombizzata) è una complicanza molto comune delle terapie infusionale.

Nella maggior parte dei casi si tratta, però, di un fenomeno chimico dovuto all’effetto irritante delle soluzioni o dei farmaci somministrati o di un fenomeno meccanico traumatico attribuibile alla presenza della cannula.
L’incidenza di flebite è stata quantificata soprattutto per i cateteri venosi periferici.
Il rischio di complicanze infettive aumenta, per tutti i tipi di catetere, con l’aumentare della durata di esposizione.

Le flebiti purulente rappresentano, invece, una forma d’infezione locale più grave diagnosticabile sulla sola base delle evidenze cliniche: la presenza di una secrezione purulenta consente, infatti, da sola di diagnosticare un’infezione del sito d’inserzione.


Nessun commento:

Visitatori

Seguimi su Libero Mobile

Canale Video di PocketStudy