Dall’inizio del 1970 se da un verso si intensificano gli studi antropologici, dall’altro si verifica una crisi teorica, quella che è stata chiamata “crisi della rappresentazione etnografica”: si indaga sulla affidabilità degli informatori e sulla capacità dell’etnologo di comprendere le culture indigene. L’antropologia interpretativa, rappresentata da Clifford Geertz, propone di interpretare le culture come fossero dei “testi”, ipotesi che impone la necessità di una “traduzione”; in questo senso traduzione e interpretazione sono le due modalità per comprendere le culture altre e diverse.
Come esemplificazione Geertz propone una interpretazione del concetto di persona in tre società diverse (Giava, Bali, Marocco), considerando la nozione dal punto di vista dei nativi.
A Giava il concetto di persona corrisponde a un’armonia generalizzata del cosmo, per cui ogni singolo essere è collocato in un punto preciso entro un disegno armonico universale, nel cui ambito il re occupa il posto più elevato, specchio e immagine della potenza degli Dei.
A Bali il concetto di persona si collega piuttosto alla teatralità della vita rituale, tipicamente balinese, nella quale ogni persona recita una parte, è un personaggio del grande teatro del mondo.
In Marocco infine la persona è determinata dalla sua posizione topologica, all’interno dello spazio sociale, che è strutturato a cerchi concentrici: la famiglia, la famiglia estesa, il villaggio, il paese e l’intero mondo. Il concetto di persona in Marocco è un concetto spaziale e relazionale (Geertz, 1988, 66).
Attualmente la dimensione interpretativa ha postulato il metodo della “negoziazione dei significati”: l’antropologo scende a patti con il suo gruppo di ricerca e con gli informatori, interpretando i significati dei fenomeni culturali in base a una transazione, in cui il punto di vista “interno”, quello dei nativi, viene confrontato esplicitamente con il punto di vista “esterno”, quello dell’antropologo, che implicitamente opera con metodo comparativo.
Attualmente la situazione nel mondo implica di interpretare i fenomeni di sincretismo culturale. Oggi le comunità sono in contatto reciproco, la civiltà occidentale ha invaso in maniera pervasiva l’intero pianeta, sconvolgendo gli equilibri sia culturali che ecologici, e imponendo una serie di situazioni che hanno scardinato le strutture socioculturali originarie dei popoli di interesse etnologico.
Si può portare ad esempio ciò che accadde tra i Tikopia nelle Isole Salomone del Pacifico. L’introduzione della moneta provocò non solo un’alterazione del sistema economico ma anche altri mutamenti. Cambiarono le coltivazioni che vennero integrate con quelle della patata americana e della tapioca. L’incremento demografico e la pressione sulle risorse alimentari indebolirono i legami di parentela, “non vi era più tra le famiglie nucleari che costituivano le unità economiche della famiglia estesa la cooperazione che esisteva prima, in molti casi la terra era stata divisa fra varie famiglie nucleari, e i diritti sulla terra erano appannaggio di queste o addirittura, cosa che non si era mai verificata precedentemente, di singoli individui. I membri delle famiglie estese non erano più disposti a spartire i beni, soprattutto il denaro, e altri beni acquisiti attraverso il lavoro.
L’isola di Tikopia vicino alle Salomone fu così completamente trasformata dall’impatto con le modalità culturali dei bianchi” (Ember, 1998, 367). Un altro mutamento radicale è stato quello della fondazione degli Stati nazionali sulla scia delle colonie, che hanno inglobato comunità ed etnie a volte tra loro estremamente disomogenee.
Oggi non è più possibile studiare le comunità native nella loro integrità. Il sincretismo culturale è l’elemento dominante. Come sostiene Amselle si è passati dall’attività della “ragione antropologica” all’attività delle “logiche meticce”, che tengono conto delle problematiche interculturali e transculturali ormai dominanti nel nostro pianeta.
Come esemplificazione Geertz propone una interpretazione del concetto di persona in tre società diverse (Giava, Bali, Marocco), considerando la nozione dal punto di vista dei nativi.
A Giava il concetto di persona corrisponde a un’armonia generalizzata del cosmo, per cui ogni singolo essere è collocato in un punto preciso entro un disegno armonico universale, nel cui ambito il re occupa il posto più elevato, specchio e immagine della potenza degli Dei.
A Bali il concetto di persona si collega piuttosto alla teatralità della vita rituale, tipicamente balinese, nella quale ogni persona recita una parte, è un personaggio del grande teatro del mondo.
In Marocco infine la persona è determinata dalla sua posizione topologica, all’interno dello spazio sociale, che è strutturato a cerchi concentrici: la famiglia, la famiglia estesa, il villaggio, il paese e l’intero mondo. Il concetto di persona in Marocco è un concetto spaziale e relazionale (Geertz, 1988, 66).
Attualmente la dimensione interpretativa ha postulato il metodo della “negoziazione dei significati”: l’antropologo scende a patti con il suo gruppo di ricerca e con gli informatori, interpretando i significati dei fenomeni culturali in base a una transazione, in cui il punto di vista “interno”, quello dei nativi, viene confrontato esplicitamente con il punto di vista “esterno”, quello dell’antropologo, che implicitamente opera con metodo comparativo.
Attualmente la situazione nel mondo implica di interpretare i fenomeni di sincretismo culturale. Oggi le comunità sono in contatto reciproco, la civiltà occidentale ha invaso in maniera pervasiva l’intero pianeta, sconvolgendo gli equilibri sia culturali che ecologici, e imponendo una serie di situazioni che hanno scardinato le strutture socioculturali originarie dei popoli di interesse etnologico.
Si può portare ad esempio ciò che accadde tra i Tikopia nelle Isole Salomone del Pacifico. L’introduzione della moneta provocò non solo un’alterazione del sistema economico ma anche altri mutamenti. Cambiarono le coltivazioni che vennero integrate con quelle della patata americana e della tapioca. L’incremento demografico e la pressione sulle risorse alimentari indebolirono i legami di parentela, “non vi era più tra le famiglie nucleari che costituivano le unità economiche della famiglia estesa la cooperazione che esisteva prima, in molti casi la terra era stata divisa fra varie famiglie nucleari, e i diritti sulla terra erano appannaggio di queste o addirittura, cosa che non si era mai verificata precedentemente, di singoli individui. I membri delle famiglie estese non erano più disposti a spartire i beni, soprattutto il denaro, e altri beni acquisiti attraverso il lavoro.
L’isola di Tikopia vicino alle Salomone fu così completamente trasformata dall’impatto con le modalità culturali dei bianchi” (Ember, 1998, 367). Un altro mutamento radicale è stato quello della fondazione degli Stati nazionali sulla scia delle colonie, che hanno inglobato comunità ed etnie a volte tra loro estremamente disomogenee.
Oggi non è più possibile studiare le comunità native nella loro integrità. Il sincretismo culturale è l’elemento dominante. Come sostiene Amselle si è passati dall’attività della “ragione antropologica” all’attività delle “logiche meticce”, che tengono conto delle problematiche interculturali e transculturali ormai dominanti nel nostro pianeta.
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