Negli ambienti che costituiscono l'area Critica, le particolari condizioni dei pazienti rendono necessari, in molte occasioni, approcci di tipo diagnostico e terapeutico specifici.
Le due procedure di accesso vascolare al paziente critico di più comune riscontro sono:
-la cannulazione arteriosa
-cannulazione venosa centrale
La cannulazione arteriosa
Il posizionamento di un catetere in sede arteriosa riveste una notevole importanza nel paziente in condizione critica, in quanto consente:
- il monitoraggio diretto e continuo della pressione arteriosa sistemica, e una riduzione dei margini di errore rispetto ai metodi tradizionali
-la possibilità di eseguire prelievi ematici per i controlli emogasanalitici
-la possibilità di eseguire prelievi per vari controlli ematochimici e colturali (realizzabili con procedure particolari).
La cannulazione arteriosa è indicata in tutti i pazienti affetti da insufficienza delle funzioni vitali; in particolare va utilizzata:
-in sede intra-operatoria, nei soggetti sottoposti a interventi particolarmente impegnativi, oppure se le condizioni di base del paziente appaiono compromesse;
-in ambito intensivo-rianimatorio, nei pazienti affetti da gravi quadri patologici, soprattutto a carico dell'apparato cardiocircolatorio;
-quando sia necessario eseguire ripetuti controlli emo-gasanalitici.
Vie d'accesso
Sedi principali di cannulazione arteriosa nell'adulto sono:
Arteria radiale
L'arteria radiale è un ramo terminale dell' arteria brachiale
Prima di procedere alla sua cannulazione, si dovrà valutare:
-la pervietà dell' arteria ulnare,(lesioni ischemiche alla mano secondaria a trombosi)
Nei pazienti collaboranti, la pervietà del circolo ulnare può essere rilevata eseguendo il test di Allen nella seguente maniera: l'operatore comprimerà le arterie radiale e ulnare, mentre il paziente viene invitato ad aprire e chiudere ripetutamente la mano, per alcuni secondi.
Quindi, si rimuove la pressione dall' arteria ulnare: a questo punto, la superficie palmare, ischemizzata nella fase precedente, andrà incontro a un diffuso arrossamento.
La normalità del test di Allen si basa sul tempo necessario alla rivascolarizzazione della mano che potrà essere:
- <>
- > 14 secondi (circolo inadeguato).
Nella cannulazione dell' arteria radiale, vengono usati cateteri di piccole dimensioni; è preferibile impiegare cannule da 20 gauge, di lunghezza pari o inferiore a 5 centimetri.
L'arteria radiale viene cannulata posizionando:
-il polso in iperestensione, fino a formare un angolo di circa 60° tra mano e tratto terminale dell'avambraccio, sarà opportuno poggiare il polso su un rotolo di telini, fissando avambraccio e mano.
-palpare con indice e medio l'arteria, una volta individuata, può essere cannulata, muovendo il catetere a formare un angolo di circa 30° con la cute.
Arteria femorale
Origina dall'iliaca esterna ed è facilmente reperibile subito al disotto del legamento inguinale, decorrendo di lato alla vena femorale nel triangolo di Scarpa.
La cannulazione dell' arteria femorale rappresenta una scelta fondamentale nei pazienti in scadenti condizioni emodinamiche, nei quali non sono palpabili altri polsi arteriosi.
Il suo ampio diametro consente di posizionare cateteri di dimensioni più grandi e l'elevato rapporto «diametro vasale/diametro del catetere» riduce il rischio di complicanze trombotiche e ischemiche, rendendo possibili cateterismi di lunga durata.
Nonostante questi vantaggi, l'approccio femorale è gravato da un rischio non trascurabile di infezione da catetere.
L'uso dell'arteria femorale andrà evitato nei pazienti affetti da vasculopatie degli arti inferiori.
La procedura di cannulazione femorale prevede:
-l'iperestensione della coscia sul bacino, con extrarotazione della stessa, per superficializzare il vaso;
-la depilazione accurata della zona da pungere;
-la palpazione dell' arteria, al di sotto del legamento inguinale, e la sua cannulazione.
Arteria brachiale (o omerale)
L'arteria brachiale costituisce l'ultimo tratto del tronco arterioso dell' arto superiore, originando dall'ascellare e dividendosi, a livello del gomito, nei due rami terminali, radiale e ulnare.
Si tratta di un vaso di raro utilizzo nella pratica clinica, poiché la scarsità del circolo collaterale espone a seri problemi ischemici a carico dell' arto superiore, in caso di fatti trombotici.
Nel caso si debba, in ogni modo, ricorrere al cateterismo brachiale, bisognerà rispettare alcune norme di sicurezza:
-impiegare sempre il vaso del braccio non dominante; .
-scegliere cateteri di piccolo calibro; monitorizzare la temperatura cutanea della mano omo-laterale;
-rimuovere il catetere dopo un tempo massimo di 48 ore.
La cannulazione viene realizzata:
-ponendo il braccio superiore in extrarotazione, con estensione dell' avambraccio sul braccio;.
-palpando il vaso subito al di sopra della piega del gomito;
-cannulandolo ad un angolo di 45° circa con la superficie cutanea.
Arteria ascellare
L'arteria ascellare rappresenta la prosecuzione della succlavia e si continua nella brachiale.
La cannulazione dell' arteria ascelllare è gravata da svantaggi quali:
-la posizione anatomica poco agevole;
-l'elevato rischio di fenomeni infettivi da catetere.
La modalità di cateterizzazione prevede:
-l'abduzione e la rotazione dell' arto superiore per esporre il cavo ascellare;
- l'accurata depilazione del cavo ascellare;
Arteria pedidia
Costituisce il ramo terminale dell' arteria tibiale anteriore, decorre sul dorso del piede, superficialmente, e risulta quindi facilmente reperibile.
L'arteria pedidia è spesso congenitamente assente e talora, negli anziani, assume un andamento serpiginoso.
Ne è sconsigliata la cannulazione nei pazienti affetti da vasculopatie degli arti inferiori ed è preferibile verificare la pervietà dell' arteria tibiale posteriore prima di posizionare il catetere.
In ogni caso, il cateterismo della pedidia è gravato da un' elevata incidenza di fenomeni infettiivi correlati al catetere.
Per procedere alla manovra, bisognerà porre:
-il piede in iperestensione
il vaso è situato di solito in posizione mediale, sul dorso del piede, subito al di sotto della superficie cutanea.
I cateteri arteriosi
I cateteri arteriosi di uso comune sono principalmente costituiti da:
-poliuretano e suoi derivati (teflon, vialon);
-polietilene.
La scelta dei materiali appare importante soprattutto in termini di prevenzione dei fenomeni trombotici, che i cateteri possono provocare, la formazione di trombi è legata, anche alle dimensioni del catetere.
I criteri di scelta dell' arteria da cannulare sono seguenti:
-diametro sufficiente;
-buona circolazione collaterale;
-facilità nelle manovre di nursing;
-basso rischio infettivo.
Da questi presupposti, derivano le due tecniche fondamentali di cannulazione:
-la cannulazione per via percutanea;
-la cannulazione chirurgica (usata solo in pediatria)
La metodica percutanea
La metodica percutanea, di maggiore impiego in area critica, può fondarsi sull'uso di due modelli:
-la puntura con agocannula: l'arteria viene cannulata con un ago metallico attorno al quale si trova il catetere, di solito realizzato in poliuretano o suoi derivati.
La tecnica è sostanzialmente analoga a quella utilizzata nel cateterismo delle vene periferiche.
Il reflusso di sangue all'interno dell'ago evidenzierà la penetrazione nell' arteria: a questo punto, l'ago metallico viene tenuto fermo e si fa procedere la cannula all'interno del vaso, con movimenti di lieve rotazione, per evitare la lesione dell'endotelio parietale.
Si sfila quindi l'ago-guida e si connette il catetere al sistema di lavaggio.
Con questa tecnica, vengono posizionati di solito i cateteri da 18-20 gauge, di lunghezza compresa tra 3 e 5 centimetri.
- la puntura secondo la tecnica di Seldinger:
La tecnica di Seldinger si fonda sulla puntura dell'arteria con un ago metallico sottile, connesso a una siringa di piccole dimensioni.
Il reflusso di sangue indicherà la penetrazione nel vaso.
Si deconnette quindi la siringa e all'interno dell'ago viene fatta scorrere una sottile guida metallica, che si posiziona all'interno dell'arteria.
Quindi, si sfila l'ago e si posiziona il catetere, che viene fatto procedere utilizzando la guida metallica, fino alla corretta introduzione all'interno del vaso.
La tecnica di Seldinger consente l'impiego di aghi metallici più piccoli e risulta quindi meno traumatizzante.
Inoltre, essa permette il posizionamento di cateteri di maggiore diametro (18 gauge) e lunghi fino a circa 20 centiimetri.
Qualunque tecnica si adotti, è fondamentale che la manovra venga condotta in condizioni di asepsi e che l’operatore indossi mascherina, cappellino, camice e guanti sterili.
La puntura arteriosa è preceduta da una fase di pulizia della cute e da una successiva di disinfezione con sostanze iodate della zona prescelta.
Quindi si procede al confezionamento di un campo sterile con gli appositi telini.
A questo punto, per ridurre l'entità dello stimolo doloroso, può essere utile infiltrare con lidocaina al 2 % l'area dove si procede alla puntura arteriosa.
Complicanze
Senza dubbio la complicanza più temuta è:
-la trombosi vasale: cui può conseguire un'ischemia più o meno estesa a carico della mano.
Può manifestarsi mentre il catetere è ancora in sede, oppure a distanza di tempo dalla sua rimozione.
Il trombo ha origine a livello dell'intima vasale, in seguito alla lesione provocata dal catetere.
In seguito, esso si accresce sia sulla superficie del catetere, sia sulla parete del vaso.
Tra i fattori che possono favorire la trombosi, ricorderemo:
-l'età (la trombosi è più probabile in età pediatrica a seguito delle minori dimensioni vas ali) ;
-il sesso
-le vasculopatie periferiche;
-gli episodi di riduzione della portata cardiaca che possono intervenire in corso di cateterismo;
-il traumatismo provocato da ripetuti tentativi di posizionamento del catetere;
-il modello di catetere (cateteri in polietilene, di dimensioni superiori ai 20 gauge);
-la durata della cannulazione (è preferibile rimuovere il catetere dopo 72-96 ore)
-l'assenza di soluzioni di lavaggio eparinate.
È consigliabile, quando il catetere viene rimosso, operare con le dita una spremitura del vaso in prossimità del punto di ingresso della cannula, per eliminare eventuali trombi che si fossero formati.
Tra le altre complicanze della cannulazione radiale, si può segnalare:
-la formazione locale di ematomi dopo la rimozione del catetere;
-la comparsa di dolorabilità locale;
-la presenza di parestesie alla mano omolaterale;
-l'embolizzazione (di materiale trombotico o di aria).
La prevenzione di queste complicanze nasce soprattutto dall' accuratezza nella scelta del vaso arterioso, dalla cannulazione non traumatica, dal corretto nursing del catetere e delle vie che ad esso afferiscono.
Il cateterismo venoso centrale
Il posizionamento di un catetere venoso centrale è procedura comune in area critica, (pazienti con aspetti di insufficienza delle funzioni vitali)
Una cannula venosa centrale consente di:
-infondere in condizioni di necessità liquidi di varia natura (cristalloidi, plasma expanders, sangue e derivati) ad elevata velocità di flusso
-somministrare in modo controllato farmaci estremamente attivi;
-monitorizzare la pressione venosa centrale, realizzando un primo controllo emodinamico nei pazienti critici.
Indicazioni
Le categorie di pazienti che beneficiano del posizionamento di un catetere venoso centrale sono:
-soggetti nei quali la cannulazione venosa periferica risulta difficoltosa o impossibile (pazienti in shock, ustionati, obesi);
-pazienti che necessitano di una rapida espansione volemica;
-pazienti in condizioni emodinamiche instabili
-soggetti nei quali si prevede l'inizio di un programma di nutrizione parenterale totale;
-pazienti sottoposti a trattamento emodialitico;
-soggetti nei quali si deve posizionare un catetere-elettrodo per la stimolazione cardiaca;
-pazienti nei quali devono essere infusi farmaci gravati da un elevato rischio di lesività venosa.
Un catetere venoso centrale si definisce come tale in quanto il suo estremo terminale si posiziona in prossimità dello sbocco nell' atrio destro di una delle grandi vene:
-intra toraciche
-la cava superiore
-la cava inferiore.
Per giungere a livello cavale, il catetere può seguire due tipi di accesso venoso:
- superficiale: quando la vena decorre a livello soprafasciale ed è visibile o palpabile.
Le vene superficiali in questione sono:
-basilica e cefalica
-giugulare esterna.
- profondo: Le vene profonde decorrono invece sottofasciali, non visibili né palpabili e solitamente presentano un calibro maggiore delle superficiali.
Nella pratica clinica, sono quelle più usate per posizionare un catetere che giunga in posizione centrale.
In particolare, si impiegano:
Vena basilica e vena cefalica
Sono facilmente cannulabili alla piega del gomito, dove decorrono superficiali.
Nella cannulazione, è preferibile usare cateteri sufficientemente lunghi (almeno 70 centimetri) che possano giungere allo sbocco della vena cava superiore.
Il loro impiego è tuttavia gravato da alcuni inconvenienti quali:
-difficile progressione del catetere, una volta che esso sia giunto in cavo ascellare
-necessità di immobilizzazione del braccio sottoposto a cateterismo;
-elevata frequenza di tromboflebiti;
-facilità di angolazione e ostruzione del lume del catetere.
Vena giugulare esterna
Origina posteriormente all' angolo mandibolare, scende obliqua verso il basso lungo la superficie laterale del collo, scorrendo al di sotto del muscolo.
Sbocca all'interno della succlavia.
Le metodiche di cannulazione prevedono che:
-il paziente sia supino e in Trendelemburg, con la testa iperestesa e ruotata dal lato opposto a quello della cannulazione;
-l'operatore si ponga al di dietro della testa del paziente;
-sia di preferenza utilizzata la tecnica di Seldinger.
La cateterizzazione della vena giugulare esterna presenta una modesta diffusione, poiché di frequente riesce difficile posizionare correttamente il catetere.
Inoltre, la mobilità della cannula in prossimità del punto di ingresso può favorire la genesi di fenomeni flogistici cutanei da cui, talora, originano infezioni vere e proprie.
Vena succlavia
La vena succlavia segue la ascellare e si conclude al di dietro della clavicola a formare, con la giugulare interna, il tronco anonimo (l'accesso venoso preferenziale)
Numerose sono le tecniche che consentono il cateterismo di questo vaso: globalmente, si possono riassumere in sopraclaveari e sottoclaveari.
Nella procedura, si dovrà ricordare di:
-porre il paziente supino, in Trendelemburg, con le braccia distese lungo il corpo;
-posizionare la testa in iperestensione, ruotata dal lato opposto a quello in cui si opera;
-porre al disotto delle spalle del paziente un rotolo di telini, per esporre meglio l'area interessata alla venipuntura.
Vantaggi:
-facile individuazione dei punti di reperimento anatomico;
-possibilità di elevati volumi infusionali;
-buona tolleranza del catetere anche per lunghi periodi di tempo;
-ridotta incidenza di fenomeni infettivi.
Non si deve dimenticare infine che la cannulazione della vena succlavia costituisce una scelta fondamentale in corso di rianimazione cardio-polmonare per arresto cardiocircolatorio.
Complicanze
-lesione accidentale dell' arteria succlavia;
-lesione del dotto toracico (da cateterizzazione della vena succlavia sinistra);
-lesione del plesso brachiale;
-lesione del nervo frenico (da cui eventuale paralisi omolaterale del diaframma);
-lesione del nervo vago
-malposizionamento del catetere
-pneumotorace
Vena giugulare interna
Origina dal seno trasverso, in prossimità della base cranica e scendendo in basso, trasversalmente, lungo la regione sterno-cleido-mastoidea fino ad unirsi alla succlavia per formare il tronco anonimo.
La vena contrae stretti rapporti anatomici con l'arteria carotide interna, decorrendo sulla sua superficie antero-esterna.
La cannulazione della vena viene realizzata di solito all'interno del triangolo di Sédillot, i cui lati sono rappresentati dai capi sternale e clavicolare del muscolo sterno-cleido-mastoideo e la cui base è la clavicola.
In tale triangolo la vena scorre nel suo tratto terminale ed è relativamente superficiale.
Per cateterizzare la vena giugulare interna:
-il paziente sarà supino, in Trendelemburg, con il capo iperesteso e ruotato verso il lato opposto a quello prescelto.
-ponendo un rotolo di telini al di sotto delle spalle
-l'operatore si pone al di dietro della testa del paziente.
Vantaggi:
-facile individuazione dei punti di repere anatomici ;
-possibilità di elevati volumi infusionali;
-decorso pressoché retto del vaso
-riscontro immediato di un eventuale sanguinamento da puntura accidentale della carotide.
Complicanze
-puntura accidentale dell' arteria carotide comune;
-pneumotorace;
-lesione del ganglio stellato;
-lesione del dotto toracico
-malposizionamento del catetere
Vena femorale
Decorre all'interno del triangolo di Scarpa, facendo seguito alla vena poplitea e continuandosi nell'iliaca esterna.
È facilmente cannulabile pungendo subito al di sotto del legamento inguinale, ove si posiziona medialmente rispetto alla arteria femorale.
È opportuno, per procedere alla venipuntura, posizionare l'arto inferiore prescelto in abduzione ed extrarotazione.
La vena femorale è cannulabile semplicemente, ed è utilizzabile soprattutto in condizioni di emergenza, quali possono verificarsi ad esempio durante le pratiche di rianimazione cardio-polmonare.
Un cateterismo di lunga durata è però sconsigliabile, poiché può risultare gravato da complicanze trombotiche e infezioni correlate alla presenza del catetere.
Si tratta di un accesso venoso di raro impiego, poiché è gravato dalla possibile comparsa di complicanze infettive.
Complicanze
-lesione dell' arteria femorale;
-trombosi vasale (tardiva).
-insorgenza di turbe del ritmo in corso di cannulazione
-perforazione della parete venosa, a seguito della quale il catetere può raggiungere i tessuti molli
circostanti, o penetrare all'interno di una cavità
-perforazione cardiaca, evento raro, ma sovente mortale;
-embolizzazione di un frammento di catetere;
-embolia gassosa
-trombosi venosa,
Vena ascellare
Origina dalla confluenza delle vene brachiali, proseguendo poi nella succlavia.
La sua cannulazione prevede che il paziente vennga posto in posizione supina, con il braccio, abdotto e la mano posizionata sotto la nuca.
Il punto di repere anatomico è rappreesentato dalla pulsazione dell'arteria ascellare, medialmente alla quale si esegue la venipuntura.
I cateteri venosi centrali
I materiali costitutivi i cateteri venosi centrali sono attualmente tali da minimizzare i rischi trombotici e infettivi.
La grande maggioranza dei cateteri è oggi realizzata in:
- polietilene;
- poliuretano e derivati;
- silicone.
Molte di queste cannule presentano inoltre un rivestimento eparinico a loro interno, usato per prevenire l'instaurarsi di fatti trombotici.
La scelta del catetere, in termini di materiale dipende in larga misura dall'impiego che se ne prevede:
-se il catetere deve restare in sito per un tempo prevedibilmente limitato, saranno da preferirsi i cateteri eparinati, in poliuretano o polietilene;
-se il catetere è necessario per l'infusione di presiidi terapeutici a lungo termine, sarà opportuno posizionare cateteri in silicone.
Le dimensioni del catetere venoso centrale sono egualmente importanti, per quanto concerne sia il diametro sia la lunghezza.
L'elemento lunghezza del catetere è egualmente importante, per almeno due motivi:
-il catetere dovrà essere sufficientemente lungo, per raggiungere correttamente una posizione cenntrale
-15-20 centimetri vena succlavia o giugulare interna
-40-50 per la femorale
-70 per la basilica o cefalica
- il flusso attraverso il catetere è influenzato dalla lunghezza dello stesso, secondo la legge di Poiseuille, per cui tanto più il catetere è lungo, tanto più basso sarà il flusso.
È quindi evidente che flussi massimali saranno ottenibili con cannule corte di ampio diametro interno.
La disponibilità di cateteri a più lumi, consente oggi di utilizzare un solo accesso venoso per realizzare infusioni diversificate, in vie distinte
Le dimensioni dei lumi in queste cannule sono variabili, ma di solito oscillano tra i 16 e i 18 gauge.
L'impiego dei cateteri a più lumi è estremamente diffuso, poiché essi consentono un risparmio, sia in termini di procedure invasive, sia di costi.
Tuttavia alcuni autori non consigliano di usarli in modo routinario, poiché tali cannule sarebbero gravate in modo particolare da fenomeni infettivi, locali o sistemici.
Le infezioni da catetere intravascolare
Tra le principali complicanze che possono derivare dalla presenza di un catetere intravascolare, bisognerà soprattutto ricordare, il rischio che la cannula costituisca un elemento in grado di provocare fenomeni infettivi.
L'incidenza e la gravità di questi fatti variano in modo importante al modificarsi di numerosi fattori:
-relazionabili al paziente
-alla sua patologia
-al catetere e al modello di inserzione.
Lo studio del processo infettivo correlato a catetere prevede sempre che, alla sua rimozione, frammenti diversi vengano inviati al laboratorio microbiologico per l'esecuzione degli opportuni controlli colturali.
I processi infettivi che possono originare dal posizionamento di una cannula intravascolare possono essere:
-infezione del punto di inserzione del catetere, (eritema, fragilità cutanea, indurimento o aumento di temperatura della cute)
-contaminazione del catetere (presenza, nel campione colturale, di germi provenienti dal personale deputato alla sua raccolta);
-sepsi correlata a catetere.
Una tale diagnosi si ha quando coesistono:
-isolamento dello stesso microrganismo dal frammento di catetere e da una emocoltura ottenuta da vena periferica;
-assenza di altre eventuali fonti di batteriemia;
-quadro clinico di sepsi;
-batteriemia correlata a catetere, si differenzia dalla sepsi per la presenza di positività colturali, in assenza di segni clinici di sepsi;
-sepsi provocata dalla contaminazione dei liquidi di infusione.
Può essere verificata se:
-lo stesso germe viene isolato nella soluzione infusionale e nel sangue;
-nel campione colturale del catetere non sono presistenti germi;
-esiste un quadro clinico di sepsi;
- colonizzazione del catetere (si identifica per la presenza di colture positive del catetere in assenza di positività delle emocolture periferiche).
Patogenesi dei processi infettivi
Si ammettono tre possibili origini delle infezioni da catetere, anche se l'argomento è ancora oggetto di controversie.
-l’ipotesi più probabile è che i germi giungano al catetere provenendo dalla cute, muovendosi lungo il tratto superficiale di catetere che l'attraversa.
I germi infatti possono crescere sulle superfi ci della cannula, nutrendosi degli elementi che ne costituiscono la struttura.
-i germi possono giungere al catetere anche dal l'interno, procedendo lungo le vie di infusione che ad esso afferiscono, utilizzando soprattutti punti di interruzione dei vari sets che sono oggetto di numero manipolazioni.
-una ultima ipotesi, meno probabile, prevede che focolai di infezione di altra natura possano
produrre gittate batteriche ematiche e che i germi localizzino a livello della superficie del catetere La cannula, quindi, può essere a sua volta il punto di origine di successive disseminazioni batteriche.
Norme per una corretta gestione del catetere intravascolare
Il Center for Disease Control degli USA ha formulato una serie di raccomandazioni da seguire per ridurre i rischi infettivi legati al cateterismo vascolare.
I vari punti saranno di seguito ricordati e ad essi saranno aggiunte note di nursing consigliate da recenti studi sul problema infettivo:
-il posizionamento del catetere deve avvenire in asepsi, con l'uso di strumentazione sterile;
-ogni catetere posizionato in condizioni di emergenza o sospettato di infezione deve essere sostituito;
-i cateteri venosi centrali non vanno sostituiti routinariamente (i cateteri arteriosi vanno rimossi o sostituiti con tecnica di Seldinger dopo 96 ore);
-la durata di permanenza del catetere deve essere il più possibile ridotta;
-i cateteri vanno inseriti nelle sedi considerate a più basso rischio infettivo;
-i cateteri venosi centrali non vanno utilizzati per prelievi ematici;
-i deflussori che afferiscono al sistema vanno sostituiti ogni 48 ore, o 24 ore, se sono utilizzati per infondere soluzioni di nutrizione parenterale totale;
-i deflussori vanno sostituiti immediatamente dopo infusione di sangue e succedanei, o infusioni lipidiche;
-nei cateteri venosi centrali, vanno evitati lavaggi e irrigazioni del sistema e ridotte al minimo le manipolazioni;
-le soluzioni infusionali vanno controllate, per quanto attiene la loro preparazione e conservazione;
-le soluzioni di nutrizione parenterale totale vanno preparate e conservate secondo particolari protocolli;
-il lavaggio delle mani è fondamentale e va effettuato prima di ogni approccio al sistema.
-in fase di preparazione alla cannulazione, in una sede provvista di peli, non procedere alla tricotomia
-medicare il punto di inserzione di una cannula intravascolare ogni 24 ore o più spesso, se è presente sudorazione profusa
-usare sempre pomate a base di sostanze iodate per un trattamento topico del punto di inserzione del catetere;
-confezionare la medicazione sul punto di ingresso del catetere con tessuto adesivo permeabile e non con telini trasparenti
-sostituire i punti di interruzione delle vie che afferiscono ad un catetere venoso centrale
-eseguire le infusioni estemporanee, lungo una via venosa centrale, utilizzando un tappo perforabile e un filtro antibatterico e trattare preventivamente il tappo con sostanze iodate;
-alla rimozione del catetere, inviare sempre un frammento del suo tratto intermedio e uno del terminale al laboratorio di microbiologia per l'esecuzione dei controlli colturali.
Rimozione del catetere intravascolare
Un catetere venoso centrale deve essere rimosso in caso di:
-malfunzionamento;
-esaurimento della funzione infusionale;
-emocoltura positiva a 48 ore dal suo posizionamento, in assenza di altre possibili cause di sepsi;
-sito di inserzione infetto;
-sospetto clinico di sepsi, anche in assenza di infezione locale.
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