La RM sfrutta le proprietà magnetiche di alcuni atomi che costituiscono i nostri tessuti, in particolare degli atomi di idrogeno, per ottenere immagini altamente informative.
La RM è costituita essenzialmente da un grosso magnete e da bobine che emettono e ricevono onde elettromagnetiche.
Sia il magnete che le bobine sono racchiuse nell’involucro di un grosso cilindro cavo, al cui interno scorre il lettino dove viene posizionato il paziente.
Sia il campo magnetico generato dal magnete che le onde elettromagnetiche emesse dalle bobine non provocano assolutamente nessun disturbo al paziente; l’unico inconveniente è rappresentato da un fastidioso rumore durante l’esecuzione dell’esame e le interferenze che il campo magnetico ha con le protesi metalliche e con l’apparecchiatura del pace-maker.
Il vantaggio principale della RM rispetto ad altre metodiche di immagine risiede nell’alta risoluzione di contrasto e nella possibilità di caratterizzare, entro certi limiti, la composizione tissutale.
E' particolarmente utile per lo studio dei tessuti molli (muscoli, vasi sanguigni, fegato, legamenti, sistema nervoso, cuore e tutti gli organi interni), ricchi di acqua e quindi di atomi di idrogeno, e meno per l'esame delle strutture anatomiche dure, carenti di acqua.
Accanto alle tecniche di RM “convenzionale” esistono tecniche RM “avanzate” che, impiegate in casi selezionati, forniscono informazioni aggiuntive in risposta a specifici quesiti.
Esempi:
- RM-spettroscopica
Consente di caratterizzare specifici metabolici tissutali e di valutare la loro concentrazione; le applicazioni principali riguardano l’ambito cerebrale e prostatico.
- RM di perfusione
Permette lo studio della vascolarizzazione di specifiche lesioni contribuendo alla loro caratterizzazione (natura e grading).
- RM funzionale
Tecnica di recente introduzione in ambito neuroradiologico, impiegata quasi esclusivamente a scopo di ricerca e il cui ruolo clinico è attualmente limitato al planning pre-chirurgico di lesioni cerebrali in sedi critiche.
MEZZI DI CONTRASTO IN RISONANZA MAGNETICA
quando la risonanza magnetica (rm) apparve come tecnica diagnostica, era diffusa l’idea che tale modalità avrebbe reso superfluo l’uso dei mezzi di contrasto (mdc), essendo capace di generare un buon contrasto tra i vari tessuti.
La pratica clinica ha smentito questa idea.
Basti pensare che nel 1993 negli stati uniti il 30% degli esami sono stati eseguiti con (mdc) con una percentuale in crescita a tutt’oggi.
L'uso dei mezzi di contrasto per via endovenosa è a discrezione del radiologo e in relazione al tipo di patologia da studiare.
A differenza di altre indagini diagnostiche (come l'angiografia o la TAC) la quantità di mezzo di contrasto necessaria per la diagnosi è relativamente modesta perciò l'uso del mezzo di contrasto non comporta effetti collaterali, a parte rari casi di reazione allergica.
In RM si utilizzano mezzi di contrasto diversi da quelli usati in TC e in radiologia tradizionale, non contengono iodio ma atomi di un elemento raro, il gadolinio. Questa sostanza è, in genere, ben tollerata ma in alcuni casi può procurare effetti collaterali di tipo allergico.
L'incidenza e la gravità di questi fenomeni è molto più bassa di quella riscontrata coi mezzi di contrasto a base di iodio.
I mezzi di contrasto (MdC) per Risonanza Magnetica includono oggi una varietà di molecole che possono essere ricondotti a due categorie principali:
- MdC paramagnetici
- MdC superparamagnetici
Si tratta in entrambi i casi di ioni metallici legati a strutture chimiche organiche che prendono il nome di chelanti che hanno l’obiettivo di ridurre la tossicità intrinseca.
Tali mezzi di contrasto vengono iniettati per via endovenosa e determinano un mutamento del campo magnetico locale a livello dei tessuti normali e patologici nei quali si distribuiscono.
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