FORMAZIONE
Nel rapporto di lavoro si costituisce una capacità giuridica e di agire
Capacità giuridica: è l’idoneità di un soggetto a essere titolare di diritti e doveri.
Con riferimento all’attività di lavoro subordinato la capacità giuridica di prestare lavoro si acquista all’età di maturità psico-fisica e anche culturale.
D.Lvo n.345/1999 “L’età minima per l’ammissione al lavoro, quindi la capacità giuridica, è fissata nel momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e comunque al raggiungimento del 15° anno di età.”
La normativa in questione consente che la Direzione Provinciale del Lavoro autorizzi l’impiego dei minori in attività lavorative, culturali, artistiche, sportive o pubblicitarie purché non pregiudichino la sicurezza, l’integrità psico-fisica e lo sviluppo del minore.
Capacità di agire: è la capacità ad acquistare ed esercitare da solo diritti e doveri.
Con riferimento al rapporto di lavoro subordinato occorre distinguere tra la capacità a stipulare il contratto di lavoro e quella a esercitare i diritti e i doveri che derivano dal contratto stesso.
- capacità a stipulare il contratto: essa si perfeziona con la maggiore età che sappiamo essere stata fissata dalla L.39/1975 al compimento del 18° anno di età; in caso di minore età la stipula del contratto può essere compiuta dai genitori.
- capacità ad esercitare i diritti e le azioni che dipendono dal contratto di lavoro: la legge fa coincidere la capacità di agire con la capacità lavorativa cioè il minore che abbia compiuto 15 anni può ad esempio sia riscuotere la retribuzione, sia agire in giudizio, etc.; la legge abilita il minore al compimento di tali attività giuridiche in quanto reputate utili al minore lavoratore.
L’assunzione si realizza nella forma di un documento, redatto di solito a cura del datore e sottoscritto dal lavoratore.
È richiesto l’atto scritto:
- patto di prova
- part time
- clausola del termine
Il contratto di lavoro si realizza normalmente come contratto a tempo indeterminato. Vi sono dei casi tuttavia in cui il rapporto di lavoro, per le sue caratteristiche richiede necessariamente un rapporto di durata predeterminata.
Per quanto concerne la durata la legge non prevede alcuna prescrizione di limite massimo
Per la proroga del contratto la legge stabilisce che è consentita solo quando la durata del contratto sia inferiore a 3 anni; in tal caso la proroga è concessa per una sola volta e per un periodo complessivo non superiore a 3 anni.
Disciplina del collocamento
La L.264/1949 imponeva ai datori di lavoro di assumere i lavoratori tra gli iscritti al collocamento; la richiesta doveva essere:
-numerica
-per categoria
-per qualifica professionale
e come tale essere recepita dagli uffici di collocamento
L. 877/1973 recepisce il principio della chiamata nominativa nei riguardi dei lavoratori a domicilio; successivamente la L. 863/1984 introduce lo stesso principio nei confronti dei giovani assunti con contratto di formazione e lavoro.
In seguito la L.223/1991, dispone che i datori di lavoro privati, tenuti ad assumere i lavoratori per il tramite dei competenti organi di collocamento hanno la facoltà di procedere alla assunzione con richiesta nominativa, con il solo limite di riservare il 12% dei posti alle categorie meritevoli di particolare protezione.
Da ultimo il D.Lgs. 297/2002, avvertiva la necessità di realizzare un’ulteriore semplificazione della procedura di avviamento al lavoro introduce la regola della chiamata diretta per qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro con l’obbligo peraltro della comunicazione dell’assunzione.
SVOLGIMENTO
L’art. 1 del R.D.L. 692/1923 stabiliva che la durata massima normale della giornata di lavoro degli operai e degli impiegati delle aziende industriali o commerciali di qualunque natura, non poteva eccedere le 8 ore al giorno o le 48 ore settimanali di lavoro effettivo.
Il limite giornaliero è stato interpretato nel senso che era possibile far lavorare, più di otto ore, sempre nel rispetto del criterio della ragionevolezza dell’impegno lavorativo, ma per non più di 48 ore alla settimana.
E’ solo con la L. 196/1997 che si stabilisce all’art.13 comma 1 il nuovo orario di lavoro normale in 40 ore settimanali, fermo restando quello giornaliero di 8 ore.
Il recente D.Lvo 66/2003 abrogando le precedenti disposizioni citate ha modificato sensibilmente la disciplina dell’orario di lavoro.
Nella nuova disciplina manca l’indicazione di un orario giornaliero “normale”; si è invece preferito, fare riferimento solo all’orario settimanale di 40 ore che, aggiungendosi agli straordinari, può arrivare fino ad un massimo di 48 ore.
Riposo settimanale e ferie
Il lavoro deve essere interrotto ogni settimana per un periodo di riposo di 24 ore consecutive, di regola coincidente con la domenica.
Eccezioni sono esplicitamente previste per il personale addetto ad attività stagionali, ad attività/servizi o che soddisfino interessi di pubblica utilità.
L’art. 36 Cost. dichiara irrinunciabile il diritto alle ferie. Ciò significa che se il lavoratore, anziché godere delle ferie eroga la propria prestazione, ha diritto alla cosiddetta indennità sostitutiva delle ferie.
D. Lgs. 66/2003, art.10, dispone che i lavoratori hanno diritto a un periodo minimo di ferie pari a 4 settimane in un anno e che questo periodo non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro.
Tocca al datore di lavoro ripartire i periodi di ferie tra il personale adottando criteri obiettivi che contemperino le esigenze aziendali con quelle del lavoratore.
Sospensione del rapporto di lavoro per impedimento incolpevole del lavoratore.
Esse sono le assenze dal lavoro per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, congedi parentali, assunzioni di funzioni pubbliche elettive, servizio militare, etc.
In queste situazioni, finché l’assenza dura un determinato periodo di tempo (cosiddetto periodo di comporto) è assicurata la conservazione del posto.
ESTINZIONE
Libera recedibilità
L’art. 2118 Cod.Civ stabilisce che “ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità”.
Tale licenziamento, detto ad nutum, non presupponeva alcun obbligo di motivare il provvedimento da parte del datore di lavoro che lo mette in atto.
Tutela obbligatoria
L.604/1966 stabilisce di giustificare il licenziamento, affermando che nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa o per giustificato motivo.
Giustificato motivo soggettivo: consiste nel notevole inadempimento degli obblighi del lavoratore.
Si distingue dalla giusta causa per la minore entità e/o gravità della trasgressione, per cui il datore di lavoro è legittimato a disporre il licenziamento, ma deve dare il preavviso.
Giustificato motivo oggettivo: ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro ed al regolare funzionamento di essa il (datore deve provare la impossibilità di avvalersi della collaborazione del dipendente in altre attività).
Il lavoratore ha la possibilità di rivolgersi al giudice.
Nel caso che il giudice pronunciasse l’illegittimità del licenziamento, in quanto privo di giusta causa o di giustificato motivo, condanna il datore di lavoro a riassumere il prestatore oppure a corrispondergli una indennità a titolo di penale.
Assunzione obbligatoria
La L. 2/4/1968 n.482, che raggruppava in un testo unico la gran parte dei provvedimenti legislativi emanati in materia di assunzione obbligatoria, viene abrogata dalla recente L.12/3/1999 n.68.
La legge si prefigge la finalità di promuovere l’inserimento e l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone disabili. Le sue disposizioni si applicano:
a) alle persone in età lavorativa, affette da menomazioni psichiche e fisiche che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45% così accertata dalle commissioni per il riconoscimento dell’invalidità civile;
b) alle persone invalide del lavoro con un grado d’invalidità superiore al 33% accertata dall’INAIL;
c) alle persone non vedenti o sordomute;
d) alle persone invalide di guerra, invalide civili di guerra e invalide per servizio.
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