Il sindacato è una organizzazione di individui riuniti per la tutela dei loro interessi professionali.
1891: vengono fondate le prime Camere di lavoro a Piacenza e a Milano con il compito di curare la istruzione professionale degli operai e di formare commissioni arbitrali per la composizione da conflitti tra industriali ed operai.
Nel 1893 sorge la Federazione delle Camere del Lavoro per coordinare l’attività delle camere stesse; nel 1905 sorge la Confederazione generale del lavoro.
Così fino al 1926 il sindacato opera come organismo in regime di assoluta libertà per quanto riguarda le forme della sua organizzazione e della sua azione.
Ne consegue il fenomeno del pluralismo sindacale nel senso che per una stessa categoria di lavoratori si costituiscono più sindacati aventi diversa ispirazione politica.
In seguito all'emanazione della legge 3 aprile 1925 la posizione dell'associazione sindacale risulta profondamente modificata.
Infatti, fu annullata la libertà sindacale, in quanto, poteva esistere una sola associazione per categoria; inoltre a tali associazioni in presenza di determinati requisiti, fu riconosciuta la personalità giuridica pubblica, soggetta ad un penetrante controllo dello Stato.
La Costituzione però ha previsto in materia una nuova disciplina, L'art. 39 della Costituzione dopo aver affermato il principio della libertà sindacale ha ammesso la possibilità per i sindacati di conseguire la personalità giuridica attraverso una speciale registrazione (iscrizione in apposito albo), con possibilità di stipulare contratti collettivi validi erga omnes, cioè per tutta la categoria.
Strutture sindacali aziendali
L'azione del sindacato si svolge generalmente al di fuori dell'impresa nei confronti del sindacato contrapposto o degli organi pubblici interessati. Sennonché esigenze sempre più sentite del sindacato dei lavoratori è di poter intervenire direttamente all'interno stesso dell'impresa.
Si istituirono, quindi, prima delle commissioni interne poi lo statuto dei lavoratori ha previsto la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali.
Le commissioni interne, quasi del tutto scomparse, sono state sostituite delle rappresentanze sindacali aziendali (R.S.A), per ogni unità produttiva cioè per ogni stabilimento, sede, ufficio, filiale, reparto autonomo, i lavoratori di ogni unità produttiva, riuniti in assemblea eleggono il proprio rappresentante chiamato delegato di reparto.
La R.S.A. ha compiti che erano propri della commissione interna; ha anche il compito della contrattazione collettiva aziendale.
L'insieme dei delegati di reparto forma il consiglio di fabbrica o d'azienda; quando il c.d.f. è formato da molti delegati nomina un comitato esecutivo.
Lo Statuto dei lavoratori prevedeva che le R.S.A. potessero costituirsi legittimamente nell’ambito:
a) delle associazioni aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale;
b) delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi, nazionali o provinciali, di lavoro applicati nella unità produttiva.
Peraltro negli anni ’80 si arriva al riconoscimento delle R.S.U. previsto dal protocollo d’intesa del 23/7/1993 stipulato tra Confindustria e CGIL-CISL-UIL. Le R.S.U. a differenza delle R.S.A. costituiscono la rappresentanza unitaria di una pluralità di organizzazioni sindacali e sono inoltre di formazione elettiva.
Lo Statuto dei lavoratori ha inoltre riconosciuto al lavoratore la facoltà di riunirsi in assemblea nella unità produttiva dove sono occupati, fuori l'orario di lavoro ed anche durante l'orario di lavoro nel limite di 10 ore annue.
Le assemblee sono indette dalle rappresentanze sindacali aziendali con l'indicazione dell'ordine del giorno che deve riguardare materia d’interesse sindacale e del lavoro.
Lo Statuto del lavoratore ha infine previsto lo svolgimento nell'ambito aziendale di referendum, sia generale che per categorie su materie attinenti l’attività sindacale, che deve svolgersi con votazione segreta e deve essere indetto per tutte le R.S.A.
Istituti di patronato
Gli istituti di patronato e assistenza sociale hanno il compito fondamentale di esercitare gratuitamente nei confronti di tutti i soggetti che lo richiedono l'assistenza e la tutela dei lavoratori, per il conseguimento in sede amministrativa delle prestazioni di qualsiasi genere in materia di previdenza e quiescenza nonché‚ di rappresentare i lavoratori stessi davanti agli organi di liquidazione di dette prestazioni.
A tal fine, come sancito dall'art. 12 dello Statuto dei lavoratori essi hanno diritto a svolgere tali attività anche all'interno delle aziende.
Diritto di sciopero
Nel mondo del lavoro sussistono, invece, forme di autotutela (definita sindacale) attuate attraverso il ricorso a particolari forme di azione diretta, la forma più ricorrente di autotutela sindacale è rappresentate dallo sciopero, (mezzi non giuridici di risoluzione delle controversie collettive economiche).
L’art. 40 della Costituzione solennemente sancisce:
“il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano”.
Lo sciopero, quindi, viene oggi considerato non come una semplice libertà, ma un vero e proprio diritto soggettivo fondamentale ed irrinunciabile concesso al solo prestatore di lavoro (la Costituzione non prevede, infatti, un analogo riconoscimento per i datori di lavoro).
Sciopero nei servizzi pubblici essenziali
Lo sciopero si è potuto estrinsecare in varie forme che spesso hanno raggiunto azioni al limite della liceità quali: lo sciopero selvaggio, lo sciopero a singhiozzo, lo sciopero a scacchiera(che consiste nella successiva sospensione della prestazione da parte di lavoratori di diversi settori che risultino tra loro interdipendenti).
Il problema si manifesta in tutta la sua evidenza allorché lo sciopero viene adottato nell’area dei dipendenti pubblici e degli addetti ai pubblici servizi in quanto qui vengono toccati i bisogni essenziali degli utenti.
Da qui la necessità di una regolamentazione che è stata adottata con la L.12/6/1990 n.146 e dalla L.11/4/2000 n.83.
L’art.1 della L.146/1990 identifica i servizi pubblici essenziali in quelli volti a garantire il godimento dei diritti della persona.
Nei servizi essenziali il diritto di sciopero è consentito (art.2 comma 1) nel rispetto delle seguenti condizioni:
-adozione di misure dirette a consentire l’erogazione delle prestazioni indispensabili. Tali prestazioni debbono essere definite e concordate dalle amministrazioni pubbliche e dalle imprese erogatrici dei servizi, nei contratti collettivi;
-preavviso minimo non inferiore ai dieci giorni, in forma scritta e con le motivazioni dello sciopero
-informazioni alle utenze circa lo sciopero da parte dei soggetti che erogano il servizio, almeno cinque giorni prima;
-esperimento di un tentativo di conciliazione
I codici di autoregolamentazione devono essere sottoposti al vaglio della Commissione di Garanzia che è un’autorità amministrativa preposta ad emanare decisioni in materia di sciopero.
Nei servizi pubblici essenziali laddove possano ravvisarsi casi di pericolo grave per le utenze può essere adottata, da parte dell’Autorità di Governo, la precettazione che consiste in una ordinanza che lo sciopero possa essere posticipato, ne sia ridotta la durata, che avvenga con modalità diverse.
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