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Cellule

La citologia è la branca della biologia che studia la cellula.
La cellula è la più piccola porzione di un organismo in grado di conservare le caratteristiche della vita.

Negli organismi pluricellulari le cellule si coordinano e formano livelli di organizzazione superiori:
- i tessuti, caratterizzati da cellule morfologicamente e funzionalmente specializzate
- gli organi, composti da più tessuti tra loro integrati per svolgere specifiche funzioni
- gli apparati (o sistemi), nei quali diversi organi interagiscono e si integrano per il compimento di funzioni superiori
- l’organismo formato dall’insieme di tutti gli apparati e sistemi.

Strutture come i virus e i prioni non vengono considerati viventi perché mancano di una organizzazione cellulare.

In tutti i viventi le cellule condividono alcune caratteristiche fondamentali. Tutte le cellule sono delimitate da una membrana esterna, detta membrana plasmatica (o plasmalemma) che racchiude il citoplasma. Quest’ultimo è formato da una componente liquida, il citosol, contenente acqua, sali minerali e molecole organiche, in cui si trovano immerse strutture dette organuli (o organelli) ciascuna preposta ad una particolare funzione.



Cellule procarioti ed eucarioti

La cellula procariote forma gli organismi unicellulari appartenenti al regno delle monere (batteri ed alghe azzurre). Hanno una struttura interna alquanto semplice quasi priva di organuli. Gli unici organuli presenti sono i ribosomi.
Il loro DNA si trova libero nel citoplasma senza essere racchiuso da una membrana nucleare. Le cellule procarioti formano solo organismi unicellulari detti anch’essi procarioti. Le cellule procarioti sono le prime forme di vita comparse sulla terra (le prime tracce circa 3,9 miliardi di anni fa)

La cellula eucariote costituisce tutti gli altri organismi viventi, unicellulari e pluricellulari: i protozoi, le piante, i funghi e gli animali. Una cellula eucariote è mediamente 1000 volte più grande di una cellula procariote.
In essa il DNA è racchiuso da una membrana, formando così un particolare organulo chiamato nucleo. Possiede organuli immersi nel citoplasma, ognuno deputato a svolgere una particolare funzione che la rendono enormemente più complessa rispetto ad una cellula procariote. Le prime tracce di organismi unicellulari eucarioti risalgono a circa 1,4 miliardi di anni fa.



Membrane cellule animali

La cellula eucariote animale è formata da una membrana plasmatica esterna che racchiude il citoplasma ed il nucleo. Il citoplasma è costituito da una frazione liquida, il citosol, e dagli organuli cellulari in essa sospesi.

La membrana plasmatica (o plasmalemma) racchiude il contenuto della cellula e costituisce una barriera fra l'ambiente intracellulare (ambiente interno) e quello extracellulare (ambiente esterno).
È costituita da un doppio strato continuo di fosfolipidi, dello spessore di 8-10 nm ,attraversata in parte o completamente da numerose proteine. È inoltre presente una piccola percentuale di glucidi, in forma di glicoproteine e glicolipidi, e di molecole di colesterolo che la stabilizzano, I fosfolipidi sono lipidi formati da una "testa" di glicerolo legato ad un gruppo fosfato e a due "code" di acidi grassi. Come conseguenza della presenza di acqua sia all’interno che all’esterno della cellula, i fosfolipidi rivolgono le teste polari verso le due superfici della membrana, mentre le code apolari sono rivolte verso la parte interna del doppio strato


In condizioni fisiologiche, sia le molecole lipidiche sia quelle proteiche in esse immerse sono in grado di muoversi liberamente (modello a mosaico fluido). Le caratteristiche di fluidità consentono alla membrana di manifestare proprietà autosigillanti attraverso le quali può autoripararsi rapidamente qualora in essa si produca un foro. La capacità di autosigillarsi,permette inoltre,di fondersi e scindersi, senza che si abbiano perdite di materiale cellulare, nel corso di processi fondamentali per la vita e l’attività delle cellule (divisione cellulare, esocitosi, endocitosi).
La membrana rappresenta l’interfaccia della cellula con l’ambiente esterno,essa ha dunque funzione di trasporto, di interazione ed integrazione con l’ambiente e di locomozione.


La membrana plasmatica è una barriera selettivamente permeabile. Il doppio strato fosfolipidico permette infatti il libero passaggio solo dell'acqua, di gas come O2 e CO2 e di piccole molecole liposolubili.
Il trasporto dei materiali per i quali la membrana non è permeabile viene effettuato dalla cellula utilizzando particolari proteine trasportatrici transmembraniche (carriers) e/o attraverso fenomeni di motilità della membrana (esocitosi ed endocitosi).

Le proteine trasportatrici sono proteine in struttura terziaria in grado di riconoscere in modo specifico la sostanza chimica da trasportare (substrato).

Le proteine trasportatrici si dividono in pompe e canali
1) Le pompe presiedono al trasporto attivo di molecole. Nel trasporto attivo il passaggio di una molecola avviene con consumo di energia (idrolisi ATP), anche contro il gradiente di concentrazione.

2) I canali presiedono al trasporto passivo di molecole. Nel trasporto passivo il passaggio di una molecola avviene per diffusione senza consumo di energia, secondo il gradiente di concentrazione, La diffusione è il fenomeno fisico per il quale un fluido (gas o liquido) ha la tendenza spontanea a muoversi da zone a maggior concentrazione verso zone a minor concentrazione. Si dice appunto che tale movimento avviene “secondo il gradiente di concentrazione”. Il fenomeno si giustifica in termini di probabilità
Ovviamente i canali possono funzionare solo se tra l’interno e l’esterno della cellula esiste una differenza di concentrazione.
La cellula è in grado di aprire o chiudere i suoi canali a seconda delle necessità.
Avvalendosi di questi meccanismi di trasporto, la cellula può mantenere la concentrazione interna delle sostanze chimiche su valori diversi da quelli che caratterizzano l'ambiente esterno.

Come conseguenza delle caratteristiche di semipermeabilità della sua membrana, la cellula è soggetta a fenomeni osmotici. L’osmosi è un fenomeno che si manifesta quando una membrana selettivamente permeabile (semipermeabile) separa due soluzioni a diversa concentrazione. La membrana è tale per cui solo le molecole dell’acqua possono liberamente diffondere, mentre la diffusione del soluto è impedita. In queste condizioni l’acqua tende a diffondere dalla soluzione più diluita (dove è presente in quantità maggiore) alla soluzione più concentrata (dove è presente in quantità minore). Il flusso dell’acqua verso la soluzione più concentrata produce una vera e propria pressione detta pressione osmotica. Il valore della pressione osmotica è direttamente proporzionale alla differenza di concentrazione tra le due soluzioni. Nel caso le due soluzioni poste a contatto siano contenute in recipienti aperti il flusso d’acqua dall’una all’altra produrrà un dislivello che potrà essere utilizzato come misura della pressione osmotica (ricordiamo che 10 metri d’acqua equivalgono alla pressione di 1 atmosfera).


Alcune cellule eucarioti sono in grado di importare ed esportare considerevoli quantità di materiali sfruttando la motilità e la fluidità della loro membrana, la quale è in grado di “deformarsi” producendo introflessioni ed estroflessioni. Tali deformazioni della membrana sono note come movimenti ameboidi (l’ameba è un organismo unicellulare in cui tale caratteristica è particolarmente sviluppata).
Il processo di importazione è detto endocitosi ed avviene grazie alla capacità della cellula di avvolgere il materiale da introdurre con una piccola porzione di membrana che si stacca come una goccia (vescicola di endocitosi o endosoma) all’interno del citosol. Si parla di endocitosi mediata da recettori quando la sostanza che deve essere inglobate nella cellula, viene riconosciuta e legata da specifici recettori situati sulla superficie della membrana. Si viene a formare in questo modo un complesso recettore-ligando che funge da attivatore del processo di endocitosi. Se il materiale da introdurre è solido si parla di fagocitosi, se è liquido di pinocitosi.
La fagocitosi avviene grazie alla crescita di due estroflessioni, dette pseudopodi (pseudopodio = falso piede), attorno al materiale da inglobare. I pseudopodi crescono fino ad avvolgere il materiale e a fondersi alle sue spalle inglobandolo in una vescicola di fagocitosi. In questo modo, ad esempio, i macrofagi, un particolare tipo di globuli bianchi del nostro organismo inglobano e distruggono i batteri ed eliminano cellule morte e strutture estranee.


La pinocitosi si produce grazie alla formazione di minuscole introflessioni della membrana all’interno delle quali viene risucchiato il liquido da introdurre. La membrana successivamente si richiude liberando nel citosol la vescicola di pinocitosi


Il processo di esportazione è detto esocitosi ed avviene grazie alla capacità della cellula di avvolgere il materiale da espellere con una piccola porzione di membrana (vescicola di esocitosi) che si stacca dai sistemi interni di membrana (apparato del Golgi) e si va a fondere con la membrana plasmatica. In tal modo il contenuto delle vescicole di esocitosi viene versato all’esterno.

La cellula utilizza l’esocitosi sia per eliminare le sostanze di rifiuto (escrezione), ma anche per effettuare la secrezione di sostanze utili, come segnali chimici (neurotrasmettitori, ormoni etc) o sostanze aggressive per attaccare altre cellule (enzimi digestivi, tossine etc)



Membrana di locomozione

La cellula può utilizzare la motilità di membrana anche per la locomozione, per muoversi cioè su di un supporto. In questo caso il movimento ameboide avviene con la crescita di uno pseudopodio nella direzione del movimento. Una volta raggiunta la sua massima estensione lo pseudopodio fa presa sul supporto e la cellula viene richiamata in avanti (un po’ come fanno le lumache, per intenderci).
Ovviamente la locomozione è una caratteristica che si trova prevalentemente in organismi unicellulari. Le cellule appartenenti ad un organismo pluricellulare sono strettamente addossate l’una all’altra e non si muovono. Fanno comunque eccezione alcune cellule del sistema immunitario (macrofagi e granulociti).
I movimenti ameboidi non sono l’unica possibilità di locomozione per la cellula. Alcune cellule presentano infatti sulla loro membrana delle estroflessioni citoplasmatiche filiformi (ciglia e flagelli) che possono essere utilizzate per la locomozione. Di tali strutture parleremo più avanti.



Membrana interazione con l'ambiente esterno

La membrana rappresenta anche il mezzo con cui la cellula si "fa riconoscere" dalle altre cellule, tramite molecole dette marcatori, riconosce segnali chimici, tramite molecole dette recettori, è “sensibile” agli stimoli tramite la sua eccitabilità e si collega ad altre cellule negli organismi pluricellulari tramite giunzioni proteiche.

I marcatori di membrana sono in genere proteine legate a carboidrati (glicoproteine), che funzionano come una sorta di "carta d'identità" in base alla quale la cellula viene riconosciuta come facente parte dell'organismo stesso, e non viene attaccata dal sistema immunitario, oppure come estranea e come tale, da distruggere. L'insieme delle molecole che caratterizzano i diversi tipi di cellule e di tessuti dell'organismo viene chiamato complesso maggiore di istocompatibilità (MHC). Esso è responsabile del fatto che i tessuti trapiantati agiscono da antigeni e vengono attaccati dall'organismo ricevente (fenomeno del rigetto).

I recettori di membrana sono in genere anch’essi costituiti da molecole proteiche in grado di riconoscere e legarsi in modo specifico e selettivo a particolari sostanze chimiche che operano come segnali, principalmente nervosi (acetilcolina, adrenalina, serotonina etc) ed ormonali. Una volta legati, il complesso recettore-segnale innesca un meccanismo di amplificazione dovuto all'azione di un enzima legato al recettore che provoca una cascata di reazioni all’interno della cellula.



Eccitabilità

In condizioni normali la membrana cellulare risulta polarizzata, con un eccesso di ioni positivi sulla superficie esterna ed un eccesso di ioni negativi sulla superficie interna. La differenza di potenziale tra le due facce è chiamato potenziale di riposo.
Questa stato di polarizzazione è alla base della capacità della cellula di percepire stimoli esterni e di reagire ad essi. Questa “sensibilità” della cellula viene definita eccitabilità. La membrana si eccita quando, come conseguenza di uno stimolo, inverte il suo potenziale (depolarizzazione) in potenziale di azione.
L’eccitabilità di membrana è alla base del funzionamento delle cellule nervose e muscolari. Il potenziale di riposo viene generato dall’azione congiunta della pompa Sodio-Potassio e dei relativi canali.
La pompa Na+/K+ é una proteina intrinseca che lavora associata ad una ATPasi che, idrolizzando ATP, libera l'energia necessaria per il trasporto (trasporto attivo). In presenza di ATP, la pompa cambia conformazione e si lega internamente con 3 ioni Na+ ed esternamente con 2 ioni K+. Ad ogni idrolisi di una molecola di ATP, 3 ioni sodio vengono pompati verso l'esterno della cellula, mentre 2 ioni potassio verso l'interno. La membrana cellulare è praticamente impermeabile allo ione sodio (i canali del Sodio sono chiusi), che rimane quindi per lo più segregato nello spazio extra-cellulare, mentre è permeabile allo ione potassio (i canali del potassio sono aperti), che è quindi libero di ridiffondere all’esterno. Questa distribuzione ineguale di cariche elettriche fa si che l'interno della cellula sia carico negativamente rispetto all'esterno caricato positivamente.



Le giunzioni

In un organismo pluricellulare le cellule si collegano l'una all'altra mediante giunzioni intercellulari.
Si classificano tre tipi di giunzioni cellulari: giunzioni ancoranti, giunzioni comunicanti e giunzioni occludenti.

a) Le giunzioni ancoranti (o giunzioni adesive) provvedono a mantenere le cellule in posizioni fisse all'interno dei tessuti tramite connessioni proteiche.

b) Le giunzioni comunicanti (o giunzioni serrate o gap junction) costituiscono un passaggio aperto attraverso cui ioni e piccole molecole possono direttamente passare da una cellula all'altra. In questo tipo di giunzioni, le membrane plasmatiche delle due cellule adiacenti sono separate da uno spazio molto regolare di 2,7 nm. Il termine usato in inglese, gap, sta a indicare questa separazione sorprendentemente regolare.

Nei vertebrati, lo stretto canale che si trova al centro del cilindro ha un diametro di circa 1,5 nm nel punto più stretto, dimensione sufficiente a permettere il libero transito di ioni e di piccole molecole. Nelle giunzioni i cilindri appartenenti a due membrane plasmatiche adiacenti si incontrano coda contro coda, e costituiscono un passaggio diretto tra una cellula e l'altra, ma isolano la giunzione rispetto ai liquidi extracellulari. Ogni cilindro della giunzione, definito connessone, è costituito da un numero variabile da 4 a 6 molecole di una proteina detta connessina. A seconda del tipo di cellula dal quale vengono isolate. Le giunzioni comunicanti di un determinato tipo di tessuto possono contenere un unico tipo di connessina o una miscela di due o più tipi diversi


Le giunzioni occludenti (o giunzioni strette o tight junction) hanno il compito di chiudere gli spazi intercellulari alla diffusione, in quanto formano una specie di barriera che impedisce il flusso diretto di molecole e di ioni da una cellula all'altra. Le due membrane cellulari sono strettamente cucite insieme da una proteina di membrana (claudina). Sono le giunzioni più forti perché, oltre a solidità meccanica, impediscono il passaggio di acqua e soluti tra le cellule, formando un sigillo che impedisce il passaggio di sostanze fra il dominio extra-cellulare apicale e il dominio basolaterale. Sono poste ad esempio tra le cellule che rivestono l’apparato digerente, impedendo agli acidi ed agli enzimi di danneggiare i tessuti sottostanti.


Spesso le giunzioni si trovano coordinate in complessi giunzionali. Un singolo complesso giunzionale è formato da una giunzione occludente, da una giunzione intermedia, da un desmosoma e da una giunzione serrata.


Citoplasma e citosol

L'intero volume della cellula, con esclusione del nucleo, è occupato dal citoplasma.
Questo comprende una soluzione acquosa concentrata, denominata citosol, nella quale si trovano sospesi gli organuli cellulari.

Il citosol è un gel acquoso, contenente molecole di varie dimensioni.

Costituisce il sito di molte funzioni importanti, come la demolizione delle molecole e la sintesi di numerose macromolecole che sono le unità costitutive della cellula.
Molte molecole presenti nel citosol sono libere di muoversi per tutte le regioni della cellula; altre hanno una minore libertà di movimento, poiché fanno parte di strutture ordinate, gli organuli, che determinano nella cellula una compartimentazione utile allo svolgimento delle reazioni metaboliche.


Organuli della cellula eucariote
Nel citoplasma troviamo diversi organuli cellulari i quali possono essere raggruppati in sistemi di membrana, mitocondri, ribosomi, sistema citoscheletrico

Sistemi di membrane
Il citosol è invaso da una complessa rete di membrane e vescicole membranose.
Costituiscono il sistema interno di membrane (endomembrane) della cellula eucariote: il reticolo endoplasmatico, l’apparato di Golgi, i lisosomi ed i perossisomi.



Reticolo endoplasmatico

Il reticolo endoplasmatico (RE) è il sistema di membrane più esteso della cellula ed è costituito da una fitta rete di cisterne e tubuli tra loro interconnessi che parte ed è collegato alla membrana nucleare.
Grazie alla presenza sulle sue membrane di proteine enzimatiche il Reticolo è sede di una intensa attività metabolica.
La struttura fittamente ripiegata del Reticolo consente alla cellula di avere a disposizione una elevata superficie di lavoro e di tenere separati i diversi processi metabolici.
Si distingue un Reticolo endoplasmatico liscio (REL), privo di ribosomi ancorati alle sue membrane ed un Reticolo endoplasmatico rugoso o ruvido (RER) caratterizzato da membrane cosparse di ribosomi sulla faccia citosolica.

Il Reticolo endoplasmatico rugoso è costituito da un sistema di sacculi appiattiti impilati, detti cisterne, tra loro connesse. I ribosomi adesi al RER sono responsabili della sintesi delle proteine destinate a far parte delle membrane o ad essere secrete. Inoltre le proteine prodotte vengono ulteriormente rielaborate, con formazione di strutture quaternarie multimeriche o glicosilate (aggiunta di oligosaccaridi) con formazione di glicoproteine.
Alla fine di tali processi le molecole prodotte vengono espulse del RER attraverso vescicole raggiungendo i siti di competenza intracellulare (tipicamente l’apparato di Golgi) o extracellulare. Il RER è particolarmente abbondante nelle cellule che presentano attività secretrice (pancreas).

Il Reticolo endoplasmatico liscio si struttura in forma di tubuli e canali ricurvi. Ha come compito quello di detossificare sostanze altrimenti dannose per l'organismo, come ad esempio l'etanolo contenuto nelle bevande alcoliche. Per questo motivo è molto diffuso nelle cellule epatiche.
Il REL inoltre è sede del metabolismo di fosfolipidi, acidi grassi, steroidi ed è un sito di deposito degli ioni Ca2+.
Il REL è infine in grado di degradare gli organuli cellulari per rinnovarli avvolgendoli nelle sue membrane e generando una vescicola di autofagocitosi (o autofagosoma) il cui contenuto verrà successivamente digerito.

Apparato di Golgi

L'Apparato di Golgi (o dittiosoma) si trova tra il reticolo endoplasmatico e la membrana cellulare (da 10 a 20 dittiosomi per cellula).
Esso è costituito da una pila di cisterne schiacciate (da 4 a 8 cisterne per dittiosoma), curvate a scodella, con i bordi leggermente rigonfi. Ciascuna cisterna è indipendente dalle altre ed è costituita da una struttura chiusa delimitata da una singola membrana ininterrotta.
L'apparato di Golgi è polarizzato. Il lato rivolto verso il reticolo è detto faccia cis (o CGN = Cis Golgi Network), mentre il lato rivolto verso la membrana è detto faccia trans (o TGN = Trans Golgi Network).

Le proteine che sono state sintetizzate e modificate nel Reticolo endoplasmatico, e da questo rilasciate in vescicole, entrano nel Golgi fondendosi con la faccia Cis.
Nel Golgi subiscono ulteriori modifiche mentre sono trasportate verso la faccia trans. Le modalità di migrazione delle sostanze dalla faccia cis verso la faccia trans non sono ancora completamente chiarite.

Secondo l’ipotesi delle “cisterne stazionarie”, ogni cisterna possiede il suo corredo enzimatico e dopo aver modificato le sostanze in entrata le cedono, generando vescicole che si fondono con la cisterna successiva.

Secondo l’ipotesi della “maturazione delle cisterne” ogni cisterna modifica gradualmente il suo corredo enzimatico trasformandosi da cisterna cis in cisterna trans ed andando a sostituire la cisterna successiva.

La cisterna trans, completata la trasformazione delle sostanze, le rilascia attraverso vescicole che si formano dalla sua membrana per gemmazione.
Le vescicole generate dal Golgi possono essere utilizzate all’interno della cellula, in genere per processi digestivi con formazione di lisosomi o possono essere secrete esternamente (vescicole di esocitosi).

Lisosomi

Il lisosoma è una vescicola contenente enzimi idrolitici che si attivano a pH 5.
È formato dalla fusione di vescicole idrolasiche del Golgi con vescicole di endocitosi (endosomi).
Nelle vescicole idrolasiche del Golgi (o lisosomi primari) sono già presenti gli enzimi litici, ma il pH non è sufficientemente acido perché questi si attivino. Quando si fondono con gli endosomi, i quali sono dotati di pompe protoniche sulla propria membrana in grado di abbassare il pH, gli enzimi vengono attivati e si forma il vero e proprio lisosoma. Esso è ricco di enzimi digestivi in grado di degradare molecole e strutture presenti all'interno della cellula nei loro costituenti elementari per poi venire riutilizzati in altro modo o essere espulsi.

Il lisosoma può degradare macromolecole come proteine, lipidi e carboidrati o anche molecole estranee ingerite dalla cellula. Attraverso questo stesso processo i globuli bianchi sono in grado di digerire i microrganismi patogeni o cellule morte precedentemente fagocitate.

La membrana del lisosoma contiene proteine di trasporto per esportare nel citosol i prodotti della digestione e grandi quantità di glucidi legati a lipidi o a proteine della faccia non citosolica come protezione contro i propri enzimi.

Grandezze fisiche

La Fisica è la scienza che studia i fenomeni naturali su basi sperimentali, individuando proprietà e formulando leggi che governano tali fenomeni.


GRANDEZZE FISICHE
Una grandezza fisica è una proprietà misurabile mediante un dispositivo sperimentale e confrontabile con un’altra grandezza omogenea di riferimento costante e riproducibile.

Le grandezze fisiche sono state convenzionalmente suddivise in grandezze fondamentali
ed in grandezze derivate.

Si definisce sistema di unità di misura l’insieme delle unità di misura scelte per le grandezze fondamentali.


Sette unità di misura fondamentali costituiscono quello che viene detto il “Sistema Internazionale (SI) di unità di misura”.

Esso deriva dal vecchio MKS (detto anche sistema Giorgi) dove M sta per metro, K per kilogrammo e S per secondo.
Un altro sistema del passato, molto usato in campo scientifico, era il cosiddetto sistema assoluto o sistema cgs dove c sta per centimetro, g per grammo e s per secondo.


GRANDEZZE FONDAMENTALI
misure definite in modo indipendente



GRANDEZZE DERIVATE

misure definite mediante relazioni con grandezze fondamentali.



MULTIPLI E SOTTOMULTIPLI DELLE UNITÀ DI MISURA
metodo per rendere i numeri più “manegevoli”



GRANDEZZE SCALARI
grandezza che può essere descritta indicando un numero, eventualmente accompagnato da unita di misura. (es. Massa, Tempo, Temperatura, Lavoro, ecc.)



GRANDEZZE VETTORIALI
grandezza rappresentate graficamente da una freccia
(es. Velocità, Accelerazione, ecc.) che per la loro misura necessitano di:
DIREZIONE: retta su cui giace il vettore
VERSO: verso di percorrenza (freccia)
MODULO: lunghezza della freccia







Obiettivi didattici

Chi insegna deve:
-Differenziare l’argomento di studio
-identificare i problemi di chi apprende
-fornire gli strumenti per il controllo delle conoscenze
-assicurarsi che chi apprende se ne avvalga in modo intelligente.
Per fare questo la pratica educativa utilizza è il curricolo.

Il curricolo include il programma che:
-individua gli obbiettivi educativi
-i metodi e le procedure di insegnamento
-i materiali e i testi
-le condizioni di partenza degli allievi.
-l’organizzazione didattica
-norme,valori,attese degli insegnanti
-modalità,interne ed esterne,di verifica.

Il curricolo si fonda su:
-finalità e obbiettivi
-metodologie didattiche
-verifiche e valutazioni
-contenuti

Teorie del curricolo:
Approccio fenomenologico
Approccio funzionalista successo nell’ambito pedagogico-scolastico.

Le esperienze dell’apprendimento dipendono dagli obbiettivi scelti inizialmente
Per formulare degli obbiettivi bisogna usare:
-Performance: indica quello che l’allievo deve essere in grado di fare
-Condizioni: indica le condizioni entro cui si prevede che la performance si realizzi
-Criterio: descrive con quanta abilità l’allievo dovrà mostrare per essere idoneo.

L’educazione, nel suo senso più ampio, è il mezzo per la continuità sociale della vita.

I processi di apprendimento:
-Apprendimento non intenzionale: apprendimento informale
-Apprendimento intenzionale: apprendimento che avviene nelle scuole.
-Non formale: l’imparare tramite il fare

Insegnare ed apprendere

L’insegnamento è una stimolazione al processo di scoperta.

L’apprendimento è un’attività di scoperta autonoma dell’individuo.

Un insegnamento efficace è solo quello che utilizza in modo ottimale precedenti apprendimenti in buona parte spontanei.
-Il retroterra conoscitivo spontaneo ha bisogno di cure costanti per continuare a svilupparsi.
-L’insegnamento programmato e finalizzato deve tener conto di quanto già spontaneamente acquisito.
L'apprendimento deve essere del bambino che agisce in un ambiente fisico e sociale. l’adulto, strumento dello sviluppo e dell’apprendimento del bambino.

Tuttavia esistono:
-disuguaglianze economiche e culturali
-disuguaglianze affettive
-differenze di opportunità formative
che richiederebbe un’educazione compensativa.

Bisogna avere una polivalenza flessibile nella formazione di base che permetta all’individuo di qualificarsi e riqualificarsi adeguatamente anche più volte nel corso della propria vita.

Esaminando le capacità umane di apprendimento le attività ludico esplorative sembrano essere la base fondamentale per lo sviluppo della dimensione intellettuale e spirituale dell’individuo.

L’attività ludica e ludiforme sono:
-impegnativa
-continuativa
-progressiva

Attività ludica
-il fine è mezzo procedurale
-è automotivata
Attività ludiforme
-il fine è mezzo materiale
-è eteromotivata

L’individuo educato è un elemento indispensabile per l’ulteriore sviluppo individuale e sociale.

L'educazione

L’educazione: Studia i fenomeni legati all’apprendimento (memorizzare, rielaborare, capire, applicare).

Le persone non hanno un unico stile di apprendimento così come non hanno un unico stile di pensiero.

La nostra società non è statica ma in continua trasformazione l’individuo deve quindi continuamente adeguare le proprie competenze alle nuove condizioni di vita in cui si trova ad operare. Si parla quindi di educazione permanente per indicare lo sviluppo di interessi e abilità a cui l’individuo è sottoposto.
Imparare ad apprendere è una competenza metacognitiva.

Lo stile di pensiero è il modo prevalente di usare le abilità che si possiedono.
prodotto di:
-abilità individuali: intreccio tra caratteristiche innate e apprese.
-personalità: il modo di pensare
-temperamento: intensità delle risposte.
-motivazione:determinazione.
-percezione: processo tramite il quale si organizzano e si interpretano le informazioni sensoriali.

Stili cognitivi: differenze individuali nell’ambito del comportamento e dell’apprendimento.
-sistematico/intuitivo
-globale/analitico
-impulsivo/riflessivo
-verbale/visuale
es.
Lo stile sistematico: considerazione di tutte le variabili
Lo stile intuitivi:lavora su ipotesi.

Le motivazioni interne: hanno origine nella persona stessa e sono molto efficaci
Le motivazioni esterne: spingono la persona mediante una ricompensa

Tessuti

Tessuto:

Insieme ordinato di cellule dello stesso tipo, organizzate per svolgere una o più funzioni specifiche.


I diversi tipi di tessuto si formano durante lo sviluppo in seguito al differenziamento cellulare.


Matrice:

Sostanza intercellulare non vivente che include le cellule di un tessuto.




TIPI DI TESSUTO

- Epiteliale


Tessuto formato da cellule di forma regolare, poste a stretto contatto tra di loro.
Formano membrane che contengono proteggono l'ambiente liquido interno.
Assorbono sostanze nutritive.
Secernono sostanze che regolano l'omeostasi.

Dal punto di vista strutturale gli epiteli possono essere molto diversi:
- Semplice: costituito da un solo strato di cellule
- Composto (Stratificato): costituito da più strati cellulari.

A seconda della forma possono essere:
- Pavimentoso
- Cubico
- Cilindrico


Nota:

L'Epitelio di Transizione: comprende più strati costituiti da cellule di forma diversa (caratteristico delle vie urinarie).

In base alla funzione il tessuto epiteliale può essere:
- Di rivestimento: funzione protettiva (epidermide e mucose)
- Ghiandolare: funzione di secrezione (ghiandole)


- Connettivo

Tessuto formato da una componente cellulare e una componente fibriale (fibre proteiche), disperse in una matrice extracellulare.
Mantengono uniti organi e sistemi e formano strutture che sostengono e permettono il movimento.


- Muscolare

Tessuto composto da cellule in grado di contrarsi, mediante miofilamenti (specifici filamenti formati da proteine di actina e miosina).
Insieme al tessuto connettivo permettono il movimento.

Esistono 3 tipi di tessuto muscolare:
- Striato
- Liscio
- Miocardio


- Nervoso

Tessuto costituito dai neuroni (cellule specializzate nella trasmissione dell'impulso nervoso) e dalle cellule gliali (circondano e proteggono i neuroni e ne regolano gli scambi con sangue e metabolismo).
Con il tessuto epiteliale ghiandolare regola le funzioni del corpo.




FOGLIETTI EMBRIONALI

I foglietti embrionali (o foglietti germinali primitivi) sono strati di cellule che si formano durante il primo mese dello sviluppo embrionale. Essi sono destinati a dare origine ai diversi organi.

Si dividono in:

- Endoderma
Foglietto embrionale interno.
Origina gli epiteli di rivestimento dell'apparato digerente, respiratorio e delle ghiandole digestive.


- Mesoderma
Foglietto embrionale intermedio.
Da esso sviluppano ossa, cartillagine, muscoli e tessuto connettivo, gli organi dell'apparato escretore e riproduttivo.

- Ectoderma
Foglietto embrionale esterno.
Da esso si formano la cute con le ghiandole annesse e il sistema nervoso.



RIPARAZIONE
I tessuti hanno capacità di ripararsi o essere rimpiazzati da tessuto cicatriziale (massa fibrosa densa).

Grande capacità rigenerativa: Tessuto epiteliale e connettivo.

Limitata capacità rigenerativa: Tessuto muscolare e nervoso




MEMBRANE

Sottili lamine di tessuto che ricopre superfici, tappezzano cavità e dividono spazi e organi.

Membrane epiteriali (le più comuni):

- Membrane cutanee (cute)

Organo principale del sistema tegumentario che costituisce il 16% del peso del corpo
- Membrana sierosa

Membrane parietali (ricoprono cavità chiuse del corpo)

Membrane viscerali (ricoprono organi viscerali)

Pleura (circonda il polmone e tappezza la cavità toracica)

Peritoneo (ricopre i visceri addominali e riveste cavità addominale)
- Membrana mucosa

Tappezza e protegge organi cavi del corpo che comunicano con l'esterno.

Riveste dotti, vie respiratorie, digerente.


Membrane di tessuto connettivo:
Sono le membrane sinoviali che rivestono articolazioni mobili; formano una borsa che secerne il fluido sinoviale, il quale lubrifica le cartillagini che rivestono le superfici articolari, facilitando i movimenti.








Tessuto epiteliale

IN SINTESI


Il tessuto epiteliale (o epitelio) ricopre la superficie esterna del corpo e le sue cavità interne. Deriva da tutti gli strati germinali (ectoderma, endoderma e mesoderma) ed è formato da cellule a stretto contatto tra loro che formano un pavimento continuo.

Esso poggia su un sottile strato, la membrana basale, che lo delimita, lo nutre e lo tiene in contatto con i tessuti sottostanti.

A seconda del numero di strati che lo compongono, si distinguono epiteli semplici o pluristratificati.

In base alla forma: pavimentoso (cellule appiattite), cubico (cellule con stessa dimensione in altezza e larghezza), cilindriche (cellule prismatiche).

Il lato dell'epitelio rivolto verso l'esterno può essere provvisto di ciglia, microvilli o cheratinizzato (rivestito da uno strato di cheratina, una proteina impermeabile).

L'epitelio ghiandolare è un ulteriore tessuto specializzato formato da cellule secernenti di tipo esocrino o endocrino che si riuniscono a formare ghiandole esocrine (che riversano prodotti come sudore e enzimi digestivi all'esterno del corpo, rimanendo collegate con l'epitelio per mezzo di un dotto escretore) e ghiandole endocrine (che riversano ormoni nella circolazione sanguigna).



TIPOLOGIE


Epitelio membranoso
Specializzato nel rivestire il nostro corpo esternamente e nelle cavità interne.

Riveste:
- Superficie esterna del corpo
- Cavità sierose
- Vasi sanguigni e lifatici
- Apparati respiratorio, digerente e urogenitale.


Epitelio ghiandolare
Specializzato nel riunirsi in solidi cordoni o follicoli che formano le unità secernenti delle ghiandole:
- Endocrine
- Esocrine




FUNZIONI


Protezione

Funzioni sensoriali

Secrezione

Assorbimento

Escrezione



CARATTERISTICHE


Spazi ristretti di matrice intercellulare

Tipo membranoso attaccato a una membrana basale

Avascolare

Cellule molto vicine fra loro con molti desmosomi e giunzioni strette

Capace di riprodursi




EPITELIO MEMBRANOSO

EPITELIO SEMPLICE


- pavimentoso:
Strato di cellule piatte permeabili a molte sostanze.

es.

Endotelio: tappezza i vasi del sangue.

Mesotelio: Pleura.


- cubico:
Singolo strato di cellule cubiche presente in ghiandole e dotti.


- cilindrico:
Singolo strato di cellule cilindriche che spesso tappezzano organi viscerali cavi.

esempio:

Cellule caliciformi: secrezione.

Ciglia: movimento.

Microvilli: assorbimento.


- cilindrico pseudostratificato:

Cellule cilindriche di diversa altezza con nuclei cellulari situati a livelli irregolari.
Tappezzano le vie respiratorie e segmenti del sistema riproduttivo maschile.
Sono caratterizzati dalla presenza di ciglia e dalla produzione di muco.



EPITELIO STRATIFICATO


- pavimentoso:

- Cheratinizzato (Strati multipli di cellule piene di cheratina che rivestono esternamente la superficie della pelle).

- Non cheratinizzato (Tappezzano vagina, cavità buccale ed esofago).


- cubico
Situato nei dotti delle ghiandole sudoripare e nella farige


- cilindrico
Situato in segmenti dell'uretra e vicini all'ano.


- di transizione
Tappezza visceri cavi sottoposti a stress con 10 o più strati di cellule. È plastico e si adatta alla distensione della mucosa

esempio:

Vescica urinaria.




EPITELIO GHIANDOLARE

Specializzato nell'attività di secrezione.


GHIANDOLE ENDOCRINE

Secrezione diretta nei vasi o nei liquidi interni.



GHIANDOLE ESOCRINE


Scarico dei secreti nei dotti.

- semplici: un solo dotto
- composte: 2 o più dotti


In base alla funzione svolta possono essere:

- Apocrine

La secrezione produce danno alla parete cellulare con contenuta perdita di citoplasma (es. Ghiandole mammarie).


- Olocrine

Il prodotto rilasciato causa la morte della cellula (es. Sebacee)


- Merocrine

Secernono direttamente attraverso la membrana cellulare. La secrezione non danneggia la cellula (le più diffuse).







Tessuto connettivo

IN SINTESI

Il tessuto connettivo riempie gli spazi tra gli altri tessuti, "connettendoli". Deriva dal mesoderma.
Produce derma cutaneo, tendini, legamenti, grasso (o adipe = tessuto adiposo), cartillagini (tessuto cartillagineo), ossa (tessuto osseo) e il sangue.
Le cellule del tessuto connettivo sono immerse, ad esclusione del sangue, in una sostanza intercellulare di natura proteica, il collagene.

Il tessuto adiposo:
è formato da cellule di grandi dimensioni contenenti lipidi (prevalentemente trigliceridi). Ha funzione di isolamento termico e scorta enercetica.

Il tessuto cartillagineo:
è costituito da condrociti (cellule molto distanti fra loro immerse in una matrice di collagene da loro prodotta). Tessuto tanto duro quanto flessibile.

Il tessuto osseo:
tessuto molto rigido dato che le sue cellule (osteociti) sono immerse in una sostanza intercellulare con altissima concentrazione di sali di calcio.

Il sangue: l'unico tessuto fluido. Formato da cellule di diverso tipo (globuli rossi, bianchi e piastrine) immerse immerse nel plasma (sostanza intercellulare fluida).



FUNZIONI GENERALI

Connette

Sostiene

Trasporta

Difende



CARATTERISTICHE GENERALI

La matrice predomina nella maggior parte dei tessuti connettivi e ne determina le caratteristiche fisiche.

La matrice può essere fluida, allo stato di gel o solida con o senza fibre extracellulari o altri composti che sono responsabili della densità e tengono insieme il tessuto.





TIPI DI TESSUTO CONNETTIVO



TESSUTO CONNETTIVO FIBROSO

Tessuto connettivo lasso (areolare)

Uno dei tessuti più diffusi, composto da sostanza intercellulare e fibre di collagene ed elastiche immerse in una sostanza molle e viscosa. FUNZIONE: connessione.

Tessuto adiposo

Ricco di cellule di grasso. FUNZIONE: protezione, isolamento termico, sostegno e riserva alimentare.

Tessuto reticolare

Forma la trama tridimensionale della milza, dei noduli linfatici e del midollo osseo. FUNZIONE: difesa contro microrganismi e altre sostanze dannose.


Tessuto fibroso denso

Forma strutture sottoposte a grandi forze di tensione (tendini e legamenti). La matrice consiste in fasci di fibre collagene e di pochi fibroblasti. Questo tessuto può essere regolare (fasci di fibre parallele) o irregolare (intrecciati a formare masse voluminose). FUNZIONE: flessibilità e resistenza.



TESSUTO CONNETTIVO OSSEO

Tipo di tessuto altamente specializzato costituito da una matrice calcificata (65% della costituzione della matrice) e 3 tipi di cellule:

Osteocita (cellula ossea matura)

Osteoblasta (cellula che produce osso)

Osteoclasta (cellula che distrugge l'osso)


FUNZIONI:

- Supporto

- Protezione

- Punto di attacco per i muscoli

- Riserva di sali minerali


Questo tessuto esiste in 2 tipi:

- Tessuto osseo compatto formato da osteoni, strutture cilindriche in cui strati di tessuto osseo circondano un canale di Havers (ospitante vasi sanguigni).

- Tessuto osseo spugnoso costituito da trabecole ossee fra cui compresse ampie lacune.


Ossificazione avviene da:

- Membrane del connettivo (es. ossa piatte)

- Cartillagine (es. Ossa lunghe dell'omero)



CARTILLAGINE

Consistente e flessibile. Forma lo scheletro nel periodo fetale per essere sostituito in seguito da tessuto osseo durante la seconda metà della gravidanza. Nell'adulto persiste in pochi punti.

Le cellule della cartillagine sono i Condrociti (cellule inglobate nel tessuto maturo) e i Condroblasti (produttori di fibre collagene).

Questo tessuto non è vascolarizzato, ciò determina una scarsa velecità e qualità di rigenerazione.


TIPI DI CARITILLAGINE:

- Ialina (Tipo prevalente che riveste le superfici articolari delle ossa)

- Fibrocartillagine (Matrice semisolida ricca di fibre collagene. Si trova nei dischi intervertebrali e nella sinfisi pubica. Fra le ossa del ginocchio, i menischi, serve da ammortizzatore)

- Elastica (Contiene molte fibre elastiche sottili ed è dotata di resistenza e flessibilità. Localizzata nell'orecchio esterno e nella laringe)



SANGUE

Tessuto fluido che raggiunge tutte le parti del corpo all'interno dei vasi dell'apparato circolatorio.

Presente nell'uomo adulto in media 4-6 litri di sangue costituito da:

- Plasma sanguigno 55%

- Elementi corpuscolari 45%

> eritrociti (globuli rossi)

> leucociti (globuli bianchi)

> trombociti (piastrine)

Le cellule del sangue si formano tramite il processo di emopoiesi nel midollo osseo rosso.

NB: Tessuto Emopoietico - Il tessuto dove si forma il sangue.


FUNZIONI

Consente il trasporto ai tessuti di ossigeno e nutrienti.

Provvede all'allontanamento di anidride carbonica e delle sostanze di rifiuto.

Regola la temperatura corporea.

Regola il PH corporeo.

Permette la distribuzione degli ormoni.

Svolge funzione di difesa.






Tessuto nervoso

IN SINTESI

Il tessuto nervoso riceve, produce, trasmette e integra gli impulsi nervosi. Deriva dall'ectoderma ed è composto da due tipi di cellule:

- I neuroni
composti da un corpo centrale (pirenoforo) da cui si dipartono due prolungamenti: i dendriti (numerose ramificazioni che ricevono l'impulso nervoso per trasmetterlo al pirenoforo) e un neurite (diramandosi inizialmente nudo, viene in seguito rivestito da una guaina mielinica e prende il nome di assone che trasmette l'impulso nervoso).

- Le cellule della glia o nevroglia
Queste cellule circondano i neuroni, sostentandoli, proteggendoli e regolandone gli scambi di sostanze tra sangue e neuroni.



FUNZIONI
Regolazione e integrazione delle attività del corpo.

CARATTERISTICHE
Eccitabilità e conducibilità.

ORGANI
Encefalo
Midollo spinale
Nervi






Tessuto muscolare

IN SINTESI

Il tessuto muscolare assicura il movimento al corpo contraendosi in risposta a un impulso nervoso. Deriva dal Mesoderma.
Le cellule che lo compongono (fibre muscolari) sono allungate e disposte a fasci.

Il tessuto muscolare si definisce:


- Striato (muscolatura volontaria scheletrica)
fasci di fibre paralleli tra loro che rispondono agli impulsi nervosi per il movimento.

- Liscio (muscolatura involontaria)
fasci sfasati tra loro; gli organi cavi e i dotti escretori delle ghiandole sono avvolti da questo tessuto.

- Cardiaco o Miocardio (muscolatura involontaria)
le cellule di questo tessuto, tipico del cuore, sono allungate e biforcate alle estremità, dove si connettono tra loro formando una rete tridimensionale.







Tubercolosi

Infezione batterica cronica, ricorrente, caratterizzata da granulomi nei tessuti infetti e da una accentuata ipersensibilità cellulo mediata.
La TBC è causata dal:
- Mycobacterium tuberculosis (bacillo tubercolare o di Koch)
infetta in forma non attiva circa 1/3 della popolazione mondiale, con 3 milioni di pazienti deceduti per anno. Rappresenta la prima causa di morte per malattia infettiva al mondo. Si sono sviluppati, in associazione con la diffusione dell’AIDS, ceppi di batteri multiresistenti ai farmaci che rendono la TBC un problema attuale molto importante.
- Micobatterio Bovis
infetta il bestiame bovino e si trasmette con il latte non pastorizzato, provocando però in sede iniziali lesioni intestinali e tonsillari.
- Micobatterio africanum.

I germi della Tubercolosi possono penetrare nell'organismo attraverso le mucose (respiratoria, orale, intestinale) o attraverso la cute (l'infezione cutanea diretta è un'evenienza estremamente rara e tende a restare localizzata).
La sede più frequente della malattia è il polmone (TUBERCOLOSI POLMONARE).
Il bacillo di Koch provoca nell'individuo infettato una tipica reazione immunitaria "granulomatosa" ed una necrosi tessutale caratteristica detta "necrosi caseosa" (tessuto necrotico, morbido e bianco come il formaggio. Le cellule morte formano una massa proteica amorfa).

Le condizioni predisponenti all’infezione o alla riattivazione del bacillo tenuto sottocontrollo dall’organismo sono in genere tutte quelle che diminuiscono la potenzialità del sistema immunitario e in particolare:
- Povertà
- Malnutrizione
- Età avanzata
- Malattie croniche debilitanti
- Malattia di Hodgkin
- Malattie polmonari croniche.

La tubercolosi è oggi una malattia piuttosto rara nei paesi sviluppati, ma ci sono comunque alcuni individui che risultano positivi al Tine-test (o test di Mantoux); questo significa che sono venuti in contatto con il batterio senza però avere sviluppato la malattia. Nei paesi in via di sviluppo invece la tubercolosi è tutt'ora una patologia diffusa, spesso con esito fatale.


TRASMISSIONE

La via di contagio più comune è quella aerea, per inalazione polmonare.
Il contagio avviene generalmente per via diretta, da persona a persona, tramite le secrezioni o le goccioline di vapore espulse dal soggetto malato con i colpi di tosse, e inalate dal soggetto sano in vicinanza, in ambienti chiusi. Poiché Mycobacterium tuberculosis è sensibile alle radiazioni ultraviolette, raramente il contagio avviene all'aperto alla luce del sole.

Ci sono altre vie d'infezione, anche se rare:
- per ingestione di latte contaminato,
- per contaminazione del sangue dopo ingestione del batterio,
- attraverso il tessuto linfatico (passando per le tonsille),
- per via congenita (i batteri passano attraverso la placenta),
- per contatto con materiale infetto.


EZIOPATOGENESI

Nella prima infezione tubercolare il bacillo provoca una reazione infiammatoria nella sede di entrata (polmonare, gastrointestinale, tonsillare, etc.) che può guarire con formazione di cicatrice. In alternativa, il batterio può diffondere, localmente o in tutto l'organismo, seguendo le vie: linfatica, ematica, aerea, canalicolare e per contiguità.

La reazione infiammatoria provocata nei tessuti può assumere carattere essudativo, in cui prevalgono i processi infiammatori vasali con modesta reazione del connettivo e notevole replicazione microbica (si verifica in genere nella prima infezione e se vi è scarsa reazione immunitaria), oppure possono prevalere i fenomeni produttivi (con formazione di granulomi e reazione immune con delimitazione dell'infezione).

Nel primo caso l'essudato infiltra diffusamente gli interstizi, si determinano fenomeni necrotici che portano alla formazione di una sostanza caratteristica, ricca di germi, giallastra e pastosa, simile a formaggio molle e perciò definita "necrosi caseosa", questo tipo di infiammazione si riscontra soprattutto a livello del polmone.

Nella reazione produttiva, frequente a carico della cute, linfoghiandole e fegato, prevale la formazione di uno speciale tessuto di granulazione tendente spesso a subire la trasformazione fibrosa e a guarire cicatrizzandosi.

L'alterazione elementare della TBC produttiva è il tubercolo, diversi tubercoli vicini possono confluire dando luogo a noduli voluminosi. Può accadere che uno o più tubercoli confluenti, con centro caseificato, vengano incapsulati da uno spesso strato di connettivo fibroso e che la sostanza caseosa si addensi caricandosi di sali calcarei: ne deriva un tubercolo calcificato entro il quale possono persistere elementi bacillari vitali capaci di riprendere in seguito la loro virulenza (reinfezione endogena).

La presenza in un focolaio tubercolare di altri fattori infiammatori, oppure l'intervento di disturbi di circolo favorevoli all'imbibizione trasudatizia del tessuto granulomatoso possono determinare una graduale fluidificazione della sostanza caseosa che può poi svuotarsi all'esterno attraverso la cute o riversarsi in una cavità naturale del corpo, dando origine ad ulcere su cute e mucose e caverne negli organi compatti (es. polmone).

La tubercolosi polmonare può essere:
- Primaria
Malattia provocata dal primo contatto fra batterio e soggetto colpito.
Il bacillo di Koch provoca una reazione flogistica evidenziabile come un nodulo di addensamento (focolaio) con una reazione linfatica satellite.
L’infezione polmonare si manifesta inizialmente con una triade sintomatologica chiamata complesso primario, caratteristica dell'infezione tubercolare primaria riscontrabile radiograficamente, caratterizzato da:
- Lesione parenchimale subpleurica (polmone di destra, nella scissura interlobare fra superiore e medio)
- Lesione linfonodale ilare caseosa
- Adenopatia satellite (linfonodi caseosi aumentati di volume)
Il COMPLESSO PRIMARIO è una lesione aspecifica polmonare: alveolite essudativa che può riassorbirsi con restitutio ad integrum (6 casi su 10) oppure evolvere verso la necrosi caseosa.

- Subprimaria
È il passaggio del bacillo di Koch in circolo in contemporaneamente allo svolgersi della TBC primaria. Un insieme di eventi che si accompagnano (talvolta) alla tubercolosi primaria e che si svolgono indipendentemente dal destino del complesso primario.

- Secondaria
Insorge in soggetti che siano già sensibilizzati nei confronti di questo agente infettivo e che, perciò, hanno acquisito meccanismi di immunità.
Gli episodi di riaccensione dell'infezione da Mycobacterium tuberculosis determinano i quadri clinici di tubercolosi secondaria, che possono assumere forme molteplici (polmonite caseosa, miliare tubercolare, broncopolmonite tubercolare da aspirazione, linfangite tubercolare del polmone, tisi polmonare cronica dell'adulto). Dal complesso primario non del tutto guarito, che fornisce il materiale batterico per la nuova infezione i micobatteri si diffondono nel polmone, o in altri organi (reinfezione endogena).


DIAGNOSI

La tubercolosi primaria spesso non viene diagnosticata; per la scarsità o la poca rilevanza dei sintomi (febbre bassa, sudorazione, astenia, tosse secca insistente).
Nel caso della Tbc primaria il batterio scatena un'infiammazione polmonare e dei linfodi ilari, provocando calcificazioni localizzate.
A volte i batteri possono rimanere per anni nelle aree di infezione primaria, per poi iniziare una fase di crescita e causare forme di Tbc secondarie.
A seconda dell'area dell'organismo colpita per la prima volta dalla patologia si possono distinguere la tubercolosi polmonare e quella extrapolmonare (soprattutto intestinale).
Fra le forme secondarie vi sono:
- Pericardite e peritonite tubercolare
- Tubercolosi laringea e endobronchiale
- Adenite tubercolare
- Tubercolosi ossea (o scheletrica)
- Meningite tubercolare
- Tubercolosi oculare
- Tubercolosi gastrointestinale
- Tubercolosi cutanea
- Silicotubercolosi (TBC frequente in pazienti affetti da patologie date dalla presenza di polveri inalate nei polmoni come la pneumoconiosi o la silicosi)
- Tubercolosi miliare (TBC diffusa nelle vie linfatiche ed ematiche. Tipica manifestazione post-primaria).


ESAMI

Per diagnosticare la tubercolosi si ricorre a diversi esami:
- radiografia del torace,
- allergometria tubercolinica (Tine-test),
- esami batteriologici,
- esame dell'espettorato,
- esami sierologici,
- diagnosi molecolare (PCR; consente di rilevare quantità anche minime di Dna batterico).


TERAPIA ANTITUBERCOLARE

La cura della tubercolosi si avvale di numerosi farmaci i quali, somministrati in associazione tra loro e per almeno 6 mesi, consentono non solo di ottenere la guarigione clinica ma anche di debellare il microrganismo evitando le recidive. I principali farmaci raccomandati per la terapia della tubercolosi sono:
-Streptomicina,
-Isoniazide,
-Etambutolo,
-Rifampicina,
-Pirazinamide.

Nei casi in cui la terapia farmacologica non dia esito si procede a quella chirurgica, con l'asportazione delle lesioni polmonari, il drenaggio del materiale purulento e interventi eventualmente a carico di altri organi interessati.


PROFILASSI

Si effettua tramite la vaccinazione e la chemioprofilassi.
La prima da considerarsi obbligatoria in alcune categorie di popolazione, soprattutto bambini e adolescenti (figli di tubercolotici, abitanti in zone con alta diffusione del bacillo tubercolare) ma anche adulti (personale ospedaliero, studenti in medicina e soldati di leva).
La chemioprofilassi, attuata prevalentemente con isoniazide, interessa i soggetti tubercolino-negativi che siano esposti al contagio e quelli tubercolino-positivi con uno stato di immunodepressione (per malattie croniche, terapie immunosoppressive) che predisponga a una riattivazione endogena del germe.



La genetica

La genetica è quella disciplina, nell’ambito della biologia, che si occupa dell’ereditarietà.
Anticamente si pensava che l’ereditarietà era l’unione di una moltitudine di elementi, (capelli, occhi, colorito…..) che messi insieme generano un individuo, in pratica si pensava che fossero i pezzi stessi ad essere trasmessi e non i loro stampati (eredità per mescolamento).

Questo modello fu superato dagli studi di Mendel che, nel 1865, elaborò un metodo di analisi sui fenomeni ereditari, che viene usato ancora ai nostri giorni ed è chiamato genetica.
Il punto cruciale della sua scoperta fu un’entità che noi chiamiamo geni.

Egli dimostrò che l’ereditarietà dipende dall’unione di poche particelle (geni) che dirigono la sintesi di un nuovo individuo (eredità particolare).

I geni sono segmenti di DNA dai quali dipende la sintesi di una determinata proteina, e quindi la comparsa di un dato carattere ereditario.
Sono costituiti da segmenti di DNA disposti in ordine lineare sui cromosomi.
Ciascun gene occupa una posizione caratteristica sul cromosoma, che è detta locus.

Cromosomi

I cromosomi

I cromosomi sono entità individuali ed autonome, costanti e specifiche per ogni specie, capaci di autoreplicarsi e di mantenere le loro proprietà morfologiche.
Essi sono depositari dei caratteri ereditari che contengono, determinano gli attributi morfologici di ciascun tipo cellulare e controllano le attività metaboliche della cellula.

Corredo cromosomico:
insieme di cromosomi in ogni cellula

Cariotipo:
insieme delle caratteristiche che identificano un particolare corredo cromosomico

Il numero di cromosomi nell’uomo è di 46, dei quali 44 sono cromosomi somatici (autonomi) e 2 sono cromosomi sessuali (eterocromosomi).
Gli autonomi sono tutti diversi tra loro ma sono uguali a due a due.

Omologhi:
membri uguali di ogni coppia, dei quali uno deriva dal padre (dallo spermatozoo) e uno dalla madre (dall’uovo).

Alleli:
geni uguali presenti nello stesso locus di cromosomi omologhi.

Si parla di Omozigote quando due geni presenti su due cromosomi sono identici e Eterozigote quando sono diversi.


Fenotipo:
aspetto di un organismo

Genotipo:
costituzione genetica di un organismo



Struttura DNA e RNA

Struttura del DNA

Chimicamente (acido desossiribosio)
è costituito da:
Residui di Acido fosforico e da uno zucchero, il Desossiribosio.

A ciascuna molecola di zucchero è legata una base azotata che sono:
Adenina(A)
Guanina(G)
Timina(T)
Citosina(C)

Adenina e Guanina sono Purine
Timina e Citosina sono Pirimidine
( le basi azotate purine si accoppiano solo con le pirimidine quindi gli accoppiamenti sono Adenina con Timina e Guanina con Citosina).

Lo zucchero si lega con un residuo di acido fosforico e una base, andando a formare il Nuclotide.
Il DNA è formato dall’unione di molti nucleotidi, infatti si definisce catena polinucleotida.
La catena polinucleotida si forma tramite l’acido fosforico che collega tra loro i vari nuclotidi mediante legami tra gli atomi di carbonio (dello zucchero, che si trova in posizione 3) con l’atomo di carbonio (dello zucchero, che si trova in posizione 5) del nucleotide contiguo.

Le catene sono due, orientate in direzione opposta avvolte su se stesse, in modo da formare una doppia elica con l’accoppiamento Adenina-Timina e Guanina-Citosina, tramite deboli legami ad idrogeno.

In questo modo tutti i gradini sono della stessa lunghezza e le due ringhiere restano perfettamente parallele.



Struttura dell’RNA

Chimicamente l’RNA è costituito da una sola catena polinucleotida.
Il nucleotida dell’RNA è formato da uno zucchero (pentosio), il Ribosio, una molecola di acido fosforico ed una base azotata (purifica o pirimidinica).

Nell’RNA le purine sono Adenina e Guanina.
Le pirimidine sono Citosina ed Uracile.

Ci sono tre tipi di RNA:

RNA Messaggero
è una copia a filamento singolo di un tratto di DNA e trascrive le istruzioni per la corretta sequenza nella quale gli aminoacidi devono unirsi tra loro per formare una proteina.
Ogni gruppo di 3 nucleotidi in sequenza sull’m-RNA è detto Codone.

RNA di Trasporto
riconosce le informazioni dell’m-RNA e interviene nella sintesi degli aminoacidi.

RNA Ribosomiale
si lega ad alcune proteine per formare i ribosomi (organuli sui quali avviene la sintesi proteica).

Il compito più importante dell’RNA è quello di stabilire un collegamento tra il DNA e la sintesi delle proteine.

Sintesi delle proteine

Il codice genetico

Il codice genetico è il sistema per cui le informazioni genetiche codificate nel DNA arrivano a operare le sintesi di tutte le proteine necessarie alla vita degli organismi.
Il suo linguaggio si basa su un alfabeto molecolare rappresentato dalla sequenza dei nucleotidi del DNA che viene tradotto nella sequenza degli aminoacidi di una proteina.

Dispone di 4 lettere (le 4 basi azotate) per specificare i 20 aminoacidi, utilizzando gruppi di 3 nucleotidi che si chiamano Triplette o Codoni.
Tre di queste triplette non corrispondono a nessun aminoacido e indicano la fine della catena proteica.

La sequenza di triplette che codifica un aminoacido si definisce Gene.
Il codice genetico è Ridondante poiché uno stesso aminoacido è codificato da più di una tripletta.



Sintesi delle proteine

Si definisce sintesi proteica il processo con cui una sequenza di nucleotidi viene convertita nella successione di aminoacidi formanti una proteina, a questo processo prendono parte:
m-RNA
t-RNA
r-RNA
tramite due processi:


La trascrizione
la trascrizione è lo stadio della sintesi proteica in cui le informazioni sono trasferite dal DNA all’RNA secondo le regole dell’appaiamento delle basi complementari.
Il tratto di DNA che deve essere trascritto viene aperto in punto ben preciso,caratterizzato dalla tripletta AUG di inizio lettura,un enzima RNA polimerasi (contenuto nel nucleo) si lega ad uno dei due filamenti di DNA che serve da stampo e procede dall’estremità 3 all’estremità 5 legando i ribonucleotidi complementari presenti nel nucleo,si forma in questo modo l’mRNA.
Quando l’RNA giunge alla tripletta di fine lettura,l’mRNA si separa dalla catena del DNA,per passare tra i pori della membrana nucleare ed entrare nel citoplasma.

La traduzione
la traduzione è lo stadio della sintesi proteica in cui le istruzioni portate dall’mRNA vengono tradotte nella sequenza corretta di aminoacidi per formare una proteina.
La traduzione avviene nel ribosoma(formato da rRNA e proteine)
I ribosomi possiedono tre importanti siti di legami:
uno per l’mRNA,nella subunità minore,e due per l’tRNA,il sito P e il sito A.
la sintesi di una proteina avviene in tre fasi:

- Inizio
l’estremità 5 dell’mRNA si lega alla subunità minore del ribosoma,a questo complesso si associano poi il primo tRNA legato al suo specifico aminoacido,che si appaia con il suo anticodone al codone di inizio e va a occupare il sito P e la subunità maggiore del ribosoma.

- Allungamento
inizia con l’inserimento nel sito A di un aminoacil-tRNA con un anticodone complementare a quello del secondo codone dell’mRNA.
A questo punto si forma il legame peptico tra i primi due aminoacidi e contemporaneamente il t-RNA che occupa il sito P esce dal ribosoma .
Il ribosoma si sposta lungo un altro codone dell’mRNA in modo che un secondo tRNA con i due aminoacidi vada a occupare il sito P,il sito A torna libero e si va a piazzare un altro aminoacil-tRNA e si forma un altro legame peptidico.
L’operazione si ripete più volte legando gli aminoacidi uno dopo l’altro secondo la specifica sequenza contenuta nel mRNA che dirige la sintesi,finchè la catena polipeptidica è completa.
Il sito P accetta di volta in volta il tRNA che lega la catena polipeptidica in crescita,mentre il sito A è sempre occupato dal tRNA legato al nuovo aminoacido che andrà ad aggiungersi alla catena.

- Terminazione
si ha quando il ribosoma arriva a uno dei codoni di stop,a cui non corrisponde nessun tRNA,la traduzione si interrompe,la proteina si stacca dal tRNA,che a sua volta abbandona il sito P e le due subunità del ribosoma si dissociano.

Riproduzione cellulare

La riproduzione cellulare è il meccanismo che permette ad una cellula ,dopo aver replicato i propri organelli,il citoplasma e il DNA,di dare origine a due cellule figlie.


I Cromosomi

Al termine di un ciclo cellulare si formano due cellule figlie identiche alla cellula madre,questa proprietà è garantita dalla duplicazione dell’informazione genetica completa della cellula madre ai nuclei delle due cellule figlie.
Durante la divisione cellulare il DNA si spiralizza formando i Cromosomi costituiti da due bracci cromatidi,uniti tra loro in corrispondenza di una regione particolare detta centromero.
La replicazione del DNA avviene tramite un enzima il DNA-elicasi rompe i legami a idrogeno delle basi azotate e un tratto dell'elica si despiralizza.
Un nuovo enzima il DNA-polimerasi si sposta lungo ciascun filamento dall'estremità 3 all'estremità 5 per riconoscere le basi azotate del filamento e legare ad esso i nuceotidi liberi (precedentemente sintetizzati nel citoplasma) si forma così un nuovo filamento di DNA complementare.


Ciclo cellulare

Il ciclo cellulare viene distinto in due fasi:
- Interfase: l’interfase occupa la maggior parte del ciclo e si divide in 3 momenti:
Fase G1: la cellula cresce di dimensioni,moltiplica gli organuli e svolge le funzioni caratteristiche
Fase S: avviene la sintesi del DNA e di conseguenza la duplicazione dei cromosomi
Fase G2: la cellula organizza la struttura necessaria alla divisione.

- Divisione cellulare: la divisione cellulare si compone di due processi:


La mitosi

è l’insieme dei processi che portano alla trasmissione dei cromosomi alle due cellule figlie,questo processo è diviso in quattro fasi

- Profase
il DNA si spiralizza,si condensa e comincia ad assumere l’aspetto di corpuscoli,la membrana nucleare si dissolve e i nucleoli diventano poco visibili o scompaiono.
Nel frattempo nel citoplasma le due coppie di centrioli (duplicatisi nella fase G1) iniziano a migrare verso i due poli opposti della cellula,dando origine al fuso mitotico,un’insieme di fibre istituita da microtubuli e proteine che attraversa tutta la cellula e collega le due coppie.

- Metafase
i cromosomi,che raggiungono in questa fase il massimo grado di condensazione,si allineano sul piano equatoriale della cellula aderendo alle fibre del fuso per mezzo del centromero.

- Anafase
i centromeri si dividono in due e i due cromatidi fratelli di ogni cromosoma si dividono migrando verso i poli,grazie all’accorciamento delle fibre.

- Telofase
si ripercorre in senso opposto le tappe della profase.il fuso gradualmente scompare,i cromatidi ormai divenuti cromosomi si despiralizzano,attorno ad essi si forma la membrana nucleare e ricompare il nucleo.



Divisione del citoplasma
segue quasi sempre la mitosi,nell’equatore della cellula si forma un solco che diventa sempre più profondo fino a dividere in due parti uguali la cellula.



La meiosi

È caratteristica delle specie che si riproducono per via sessuata,ed ereditano il proprio patrimonio genetico da entrambi i genitori.
Distinguiamo la differenza tra due tipi di cellule:

- Diploide
possiedono una doppia serie di cromosomi,ogni cromosoma è presente in due coppie che costituiscono una coppia di cromosomi omologhi,uno di origine paterna e uno di origine materna.

- Aploide
possiedono una unica serie di cromosomi:possiedono,cioè,una un solo cromosoma di ogni coppia

Ciò significa che il genoma diploide,deriva dalla unione (fecondazione)di due gameti distinti contenenti ognuno un corredo cromosomico aploide.
La formazione dei gameti avviene tramite il processo della meiosi.
Nelle gonadi sono presenti cellule specializzate aploidi dette gametociti che andando incontro alla meiosi generano gameti aploidi,il processo consiste in due divisioni cellulari successive che producono quattro cellule aploidi da una diploide. La meiosi si divide in:


Meiosi 1

Profase 1: i cromosomi omologhi si appaiono e si uniscono longitudinalmente Questa fase di appaiamento è detta sinapsi. Successivamente i cromatidi iniziano a separarsi (desinapsi) rimanendo però incrociati in punti detti chiasmi, formando strutture a 4 cromatidi note come tetradi (o bivalenti). In questo modo gli omologhi si scambiano tratti di DNA attraverso un processo noto come crossing-over.
Essi possono rompersi in punti esattamente corrispondenti,scambiandosi dei segmenti.
Il punto di scambio è detto chiasma,lo scambio non comporta ne perdita,ne guadagno di materiale genetico ma solo uno scambio reciproco di segmenti in corrispondenza.
Il crossing-over è il primo meccanismo con cui si crea variabilità genetica durante la meiosi e che consente ai gameti aploidi che si formeranno di essere geneticamente diversi uno dall’altro.


Metafase 1
le tetradi si allineano sul piano equatoriale della cellula ed ogni coppia di cromosomi si attacca a una fibra di fuso.

Anafase 1
Durante l’anafase I, gli omologhi si separano e migrano verso i poli opposti del fuso,In questo caso i cromatidi rimangono uniti (a differenza della mitosi) mentre si separano gli omologhi. Ciascuna coppia si separa in modo indipendente da quello che fanno le altre. Questo processo è noto come assortimento indipendente degli omologhi ed è il secondo meccanismo con cui si crea variabilità genetica durante la meiosi.

Telofase 1
a questo punto la cellula si divide in due cellule figli,ognuna contenete un numero aploide di cromosomi.



Meiosi 2

Durante la seconda divisione meiotica ciascuna cellula aploide generatasi dalla meiosi I si divide formando due cellule aploidi, per un totale di 4 cellule aploidi. Questo processo è molto simile ad una mitosi, in quanto durante l’anafase II ciascun cromosoma si separa nei due cromatidi che ancora lo costituiscono, i quali migrano poi ai poli opposti della cellula.


Gametogenesi

è il processo di formazione dei gameti e avviene nelle gonadi.
La gametogenesi nei maschi è detta spermatogenesi,nelle donne è detta ovogenesi.

Spermatogenesi
nelle gonadi maschili gli spermatogoni si differenziano in spermatociti primari che vanno,quindi,incontro alla prima divisione meiotica,originando cellule aploidi,note come spermatociti secondari,questi vanno incontro alla seconda divisione meiotica producendo cellule aploidi,gli spermatidi che matureranno in spermatozoi.

Ovogenesi
nelle gonadi femminili gli ovogoni si trasformano in ovociti primari che vanno incontro alla prima divisione meiotica con produzione di due cellule aploidi diverse:
ovocita secondario:se si verifica fecondazione,va incontro alla seconda divisione meiotica producendo una cellula uovo.
glodulo polare: può andare incontro ad una seconda divisione cellulare,formando due nuovi globuli polari,oppure degenerare e morire.

Mendelismo

Genetica
La genetica nasce verso la metà dell’Ottocento con gli esperimenti di Gregor Mendel, un abate austriaco che per primo individuò le leggi dell’ereditarietà che regolano la trasmissione dei caratteri da una generazione all’altra. La genetica mendeliana è oggi nota come genetica classica o genetica formale.
Genetica classica
Alla base della genetica formale c'è il concetto di gene, fattore ereditario legato ad una particolare caratteristica morfologica o fisiologica dell’individuo, detta carattere. Da un punto di vista molecolare il gene è il tratto di DNA che controlla la manifestazione di un carattere, in genere codificando per una particolare proteina. I geni sono contenuti nei cromosomi. Un cromosoma può essere visto come un’ordinata successione di geni. A causa di mutazioni avvenute durante il processo evolutivo di una specie, un gene può presentarsi con delle forme varianti, dette alleli.
Negli organismi diploidi, le cui cellule contengono due serie di cromosomi omologhi (2n), ciascun gene è portato sia dall’omologo materno che dall’omologo paterno. In altre parole, anche se in natura un carattere presenta più di due forme di alleli (come accade per i 3 alleli del sistema AB0) in un particolare individuo diploide il carattere si presenta sempre con due alleli che occupano la medesima posizione (locus) nei due cromosomi omologhi.
Un individuo i cui due alleli per la determinazione di un carattere sono uguali si dice omozigote per quel carattere.
Un individuo i cui due alleli per la determinazione di un carattere sono diversi si dice eterozigote per quel carattere.
La particolare combinazione di alleli che controlla un carattere si definisce genotipo.
Ogni genotipo genera una manifestazione osservabile di un carattere che si definisce fenotipo.
Nella genetica formale l'espressione di un gene è il modo in cui il genotipo si traduce nel fenotipo, determinando un carattere.
Nel caso di omozigosi (due alleli uguali) il fenotipo non può che riflettere l’unica informazione esistente nel genotipo.

Nel caso di eterozigosi invece il genotipo può manifestarsi con fenotipi differenti a seconda del tipo di interazione che si produce tra i due alleli diversi. In particolare si possono presentare tre tipi di relazione:
dominanza completa,dominanza incompleta e codominanza.

Mendel si occupò di caratteri che si presentavano nel fenotipo secondo modalità ben distinte che non ammettevano forme intermedie. I risultati ottenuti da Mendel si applicano dunque solo a questo tipo di caratteri, noti come caratteri mendeliani. Si tenga presente che tali caratteri non sono molto diffusi in natura.
La maggior parte dei caratteri sono infatti caratteri a variabilità continua, come l’altezza di un individuo, il colore della pelle etc.

La pianta di pisello (Pisum sativum), su cui lavorò Mendel, risultò particolarmente adatta per questo tipo di esperimenti. È infatti di facile coltivazione, può dare più di una generazione all’anno, presenta parecchi caratteri a variabilità discontinua, ma soprattutto si riproduce per autofecondazione. Il fiore infatti non si schiude finché i gameti maschili (polline) non abbiano fecondato gli ovuli femminili dello stesso fiore (ricordiamo che anche la pianta di pisello, come la maggior parte dei vegetali, è ermafrodita, presenta cioè sia l’apparato riproduttore maschile che quello femminile riuniti in una medesimo individuo).

Non potendo dunque ricevere polline da altre piante (fecondazione incrociata), la pianta di pisello non riceverà neppure caratteri diversi da quelli propri. In queste condizioni si osserva che i discendenti di un certo individuo presenteranno sempre i medesimi caratteri, identici a quelli dei genitori. Gli individui di questo tipo costituiscono una linea pura. Per Mendel fu dunque relativamente semplice isolare linee pure che differivano per un carattere ed incrociarle, praticando su di esse la fecondazione artificiale.
Se si incrociano due linee pure che differiscono per un carattere gli individui che si ottengono non appartengono ovviamente più ad una linea pura e vengono definiti ibridi (monoibridi).
Le ricerche sui piselli impegnarono MENDEL dal 1854 al 1864. In questo periodo egli coltivò e analizzò almeno 28.000 piante della specie Pisum Sativum, prendendo in considerazione sette coppie di caratteri del seme e della pianta quali l’ altezza, la posizione dei fiori, la forma e il colore dei semi.
Mendel incrociò fra loro a due a due linee pure che differivano per un carattere (pianta alta x pianta bassa, pianta con semi verdi x pianta con semi gialli, etc.), classificando e contando gli esemplari ottenuti in ciascuna generazione e cercando di individuare l’ esistenza di precisi rapporti matematici tra i diversi individui presenti ad ogni generazione.

I risultati di questi incroci portarono Mendel a conclusioni in netto contrasto con il modello generalmente accettato allora, dell’ eredità per rimescolamento,secondo il quale “essenze”di ciascuno dei due genitori, trasmesse attraverso liquidi simili al sangue, contribuivano “mescolandosi” alla formazione dei figli. Mendel avanzò invece l’ipotesi che l’ eredità fosse “particolata”, cioè che i diversi caratteri ereditari fossero portati da strutture biologiche discrete e distinte, unità di eredità (o fattori unitari), e che noi oggi chiamiamo geni ed alleli.

Egli aveva infatti notato che, incrociando piante di piselli che si differenziavano per singoli caratteri facilmente individuabili, non si ottenevano ibridi con caratteri mescolati, ma la generazione F1 era formata da individui che presentavano sempre il carattere di uno solo dei due genitori. In termini moderni diremo che il carattere che si manifesta è dominante, quello che rimane nascosto è recessivo.



Prima legge di Mendel

In alcuni dei suoi esperimenti Mendel incrociò piante della generazione parentale geneticamente diverse tra loro ma appartenenti a linee pure e quindi contenenti ognuna due coppie uguali dello stesso allele.
Un genitore porterà gli alleli con caratteristica dominante e l'altro alleli con caratteristica recessiva.
Ottenne ibridi tutti uguali che manifestano il carattere dominante.

In base a questo Mendel formulò la prima legge dell'ereditarietà:
dall'incrocio di due individui P che differiscono per un carattere,appartenenti a linee pure,si ottiene una prima generazione filiale F1 costituita da individui tutti uguali tra loro,che manifestano il carattere di uno dei due genitori.
I concetti di dominanza o recessività alla luce delle nuove acquisizione genetiche sono ritenuti meno validi,dato che esistono caratteri definiti codominanti i quali rappresentano delle eccezioni alle leggi di Mendel.



Secona legge di Mendel

In una successiva serie di esperimenti, Mendel incrociò tra loro gli ibridi F1, da dove la progenie, seconda generazione filiale (F2) risultò composta per il 75% di individui fenotipicamente dominanti e per il 25% di individui fenotipicamente recessivi (rapporto 3:1). Ricompare il carattere recessivo presente nell’incrocio parentale e scomparso in F1.

Per spiegare i risultati ottenuti Mendel avanzò alcune ipotesi, poi rivelatesi corrette:
1. il carattere recessivo, che non si manifesta in F1 in realtà non è scomparso, ma è solo latente (nascosto) negli ibridi F1 (visto che ricompare in F2)
2. ogni carattere ereditario è quindi presente in un individuo con due particelle materiali, due fattori (unità di eredità che oggi noi chiamiamo alleli) trasmessi dai genitori ai figli con la riproduzione;
3. per giustificare il rapporto 3:1 manifestatosi in F2 è necessario ipotizzare che le due copie di un fattore si separano (disgiunzione o segregazione) durante la riproduzione per poi ricongiungersi casualmente

Oggi noi sappiamo che il concetto di ‘segregazione’ dei due fattori genetici e successiva ricongiunzione casuale ipotizzato da Mendel coincide con i processi meiotici di gametogenesi (in cui si separano gli omologhi e quindi gli alleli da essi portati) e di fecondazione (in cui i gameti si combinano casualmente a formare lo zigote).
La riproduzione sessuale avviene infatti grazie alla formazione di gameti (ovuli e spermatozoi), cellule aploidi che si formano tramite meiosi, un processo in cui i cromosomi omologhi, che ospitano i due alleli di un carattere, si separano. Successivamente, durante la fecondazione, l’unione casuale dei gameti produce la ricongiunzione degli alleli.



Terza legge di Mendel

In uno dei suoi esperimenti, Mendel incrociò piante di pisello che da molte generazioni producevano solo fiori violetti con piante che da molte generazioni producevano solo fiori bianchi. Egli usò il polline prodotto da piante a fiori violetti per fecondare piante a fiori bianchi. Fece anche l'operazione inversa, cioè fecondò con polline proveniente da piante a fiori bianchi piante a fiori violetti. Il risultato era sempre il medesimo: in F1 gli ibridi presentavano sempre fiori violetti.
I risultati di questi incroci possono essere riassunti in termini moderni nella legge della dominanza o legge dell’uniformità degli ibridi F1: l’incrocio tra un omozigote dominante (linea pura dominante) ed un omozigote recessivo (linea pura recessiva) genera una generazione F1 di eterozigoti (ibridi) fenotipicamente uguali al genitore dominante.
Si tenga presente che una linea pura, presentando un solo tipo di carattere, corrisponde ad un omozigote, mentre un ibrido, in cui si sono uniti i caratteri provenienti da due linee pure, corrisponde ad un eterozigote.
La legge dell'assortimento indipendente,afferma che:
incrociando individui di linea pura differenti per due caratteri,nella F2 tali caratteri si assortiscono indipendentemente gli uni dagli altri durante la formazione dei gameti,combinandosi secondo le leggi del caso.



Teoria cromosomica dell'ereditarietà

Secondo la teoria cromosomica dell'ereditarietà i geni sono particelle localizzate sui cromosomi,la loro posizione è localizzata con un locus genetico.
Nelle cellule diploidi i cromosomi sono assortiti in coppie,di queste una differisce nel maschio e una nella femmina
Questa coppia di cromosomi detta cromosomi sessuali è formata da due cromosomi che sono in genere uguali nella femmina e diversi nel maschio.
Le cellule somatiche umane contengono 46 cromosomi,ovvero,23 coppie.
-23 coppie di autosomi
-1 coppia di cromosomi sessuati
I Gameti essendo aploidi,contengono invece 23 cromosomi.
-22 autosomi
-1 cromosoma sessuale

Il cariotipo è l'immagine della totalità dei cromosomi di una specie di un individuo.

Reazioni e soluzioni

REAZIONI CHIMICHE

Le sostanze che partecipano ad una reazione chimica sono:
reagenti SX
prodotti DX (quelle che si formano)

Durante le reazioni, atomi, molecole e ioni interagiscono tra loro e si riassestano per formare nuove sostanze.

Regole delle equazioni chimiche:
1) I reagenti sono separati dai prodotti da una freccia che indica la direzione della reazione; una doppia freccia indica che la reazione è reversibile cioè che può procedere sia verso destra che verso sinistra e che esiste un equilibrio tra i reagenti e i prodotti.
2) I reagenti sono scritti a sinistra mentre i prodotti a destra della freccia. Un segno + è posto tra i diversi reagenti e prodotti.
3) Le condizioni necessarie per far procedere la reazione possono essere scritte sopra o sotto la freccia. Ad esempio, un segno "delta" sopra la freccia indica che la reazione richiede calore.
4) I coefficienti (numeri interi) posti davanti alle formule delle sostanze (ad es. 2 H2O) indicano il numero di unità (atomi, molecole, ioni o moli ) di ogni sostanza che partecipa alla reazione. Il coefficiente 1 si sottointende.

bilanciamento delle equazioni chimiche
Per rappresentare i rapporti quantitativi tra le sostanze che partecipano ad una reazione è necessario bilanciare l'equazione, occorre cioè fare in modo che essa contenga lo stesso numero di atomi di ciascuno elemento sia a destra (prodotti) che a sinistra (reagenti) della freccia. Questo si effettua in accordo con il principio di conservazione della massa.

stechiometria
è il ramo della chimica che studia le relazioni numeriche fra elementi e composti e le proporzioni secondo le quali gli elementi e i composti si combinano e prendono parte alle reazioni chimiche.

KEP
Costante di equilibrio varia con temperatura e pressione.

Teoria delle collisioni
Le reazioni avvengono quando gli urti tra le molecole dei reagenti diventano efficaci (quando l’energia cinetica supera la barriera energetica detta energia di attivazione).

Catalizzatori
Atomi, molecole o enzimi che nelle reazioni biologiche aiutano a superare la barriera di energia di attivazione.

Le reazioni si definiscono
In fase omogenea tra reagenti della stessa fase (liquido – liquido)
In fase eterogenea tra reagenti in fase diversa (liquido – gas)

STATO LIQUIDO
Biologicamente il più importante perché intermedio.
Tensione di vapore: Proprietà dello stato liquido in sistema chiuso di raggiungere un equilibrio dinamico tra le molecole allo stato liquido e quello gassoso. La pressione del gas è ben definita.



SOLUZIONI

Una soluzione è un sistema omogeneo di due o più componenti, in cui i componenti sono presenti allo stato atomico o molecolare e risultano pertanto inosservabili.
solvente la sostanza presente in quantità maggiore
soluto (o soluti) la sostanza (o le sostanze) presente in minor quantità.

Le soluzioni gassose (gas in gas) vengono normalmente dette miscele gassose.
Le soluzioni solide sono dette leghe.
Le soluzioni liquide in cui un soluto si scioglie in un liquido dette soluzioni acquose (l'acqua).

Sospensioni il soluto fisicamente distinguibile dal liquido
Colloide stato a metà tra soluzione e sospensione

Solubilità Capacità di una sostanza di sciogliersi in un’altra formando un sistema omogeneo (monofasico)
Fattori: natura e temperatura.
Classificazione soluti e solventi
Polari
Apolari
Idrofobici

Soluzione satura costituita da due fasi: una liquida e una solida (corpo di fondo)

Elettroliti
sostanze (acidi, basi o sali) che disciolte in acqua o in altri solventi si dissociano in ioni, cioè in atomi dotati di carica elettrica positiva o negativa. Gli elettroliti possono essere forti o deboli a seconda del maggiore o minor grado di dissociazione, cioè a seconda del numero delle molecole dissociate.

ACQUA
H2O composto chimico largamente diffuso allo stato liquido, solido e di vapore.
Ha elevato potere solvente nei confronti di tutte le sostanze solide dissociabili in ioni in soluzione (acidi, basi, sali).
Salinità dell’acqua (sali disciolti); durezza (sali incrostanti, es. carbonato di calcio e magnesio)
Favorisce il passaggio in soluzione di soluti specialmente ionici (idratazione).
Si definisce:
neutra qualunque soluzione acquosa che contenga uguale concentrazione di ioni negativi OH- e ioni positivi H+
acida quando prevalgono ioni H+ (idrogeno).
basica ioni OH- (idrossido).
La Scala del PH (14 gradi) serve a misurare l’acidità di una soluzione: pH1 = acida; pH7 = neutra; pH14 basica.

Sistema tampone
sistema chimico capace di neutralizzare l'aggiunta di moderate quantità di acidi o basi forti, e quindi di mantenere costante il grado di acidità o pH di una soluzione. Una soluzione tampone contiene una coppia coniugata acido-base, che può essere costituita da un acido debole in presenza di un suo sale con una base forte.
L'azione tampone del sistema è determinata dalla duplice presenza di una forma acida capace di neutralizzare le piccole aggiunte di una base, e di una forma basica capace di neutralizzare le piccole aggiunte di acidi.
L'importanza delle soluzioni tampone è fondamentale in tutte quelle reazioni chimiche che richiedono un pH costante e nella maggior parte dei processi biochimici.

Ossidazione
combinazione di un elemento con l'ossigeno

Reazioni di ossidoriduzione o redux
tutte le reazioni in cui si ha un trasferimento di elettroni da una superficie chimica all’altra. Utilizzata dall’uomo per ricavare energia dall’ossigeno (immagazzinata nella molecola di ATP) per mezzo di organi subcellulari detti mitocondri.

MOLE
Unità di misura (simbolo mol) della grandezza fondamentale quantità di sostanza nel Sistema Internazionale (S.I.). Tale quantità di sostanza contiene un numero di entità elementari (elettroni, ioni, atomi, molecole, ecc.) pari a quello presente in 0,012 kg di carbonio 12. Il numero di particelle contenuto in una mole di una sostanza in condizioni normali è pari a quello di Avogadro (N=6,02·1023) e pertanto la mole può essere definita come la quantità di sostanza che contiene un numero fisso, appunto N, di particelle elementari simili. Il termine mole è sostitutivo delle grandezze grammomolecola.

Proprietà colligative delle soluzioni
quelle proprietà il cui valore dipende dal numero delle particelle presenti e non dalla loro natura chimica e fisica. Ad esempio la pressione ed il volume dei gas sono proprietà colligative. (Solido in solvente liquido)
Fenomeni:
Abbassamento della tensione di vapore quando un soluto è sciolto in soluzione
Innalzamento della temperatura di ebollizione
Abbassamento della temperatura di congelamento
Aumento pressione osmotica: 2 soluzioni a concentrazione differente separate da membrana semipermeabile, il solvente passa dalla soluzione più diluita a quella più concentrata (osmosi). La pressione osmotica è la pressione per opporsi all’osmosi che corrisponde alla concentrazione di soluto. L’equilibrio si ha nelle soluzioni iosotoniche.



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